Il film è in distribuzione sulla piattaforma Netflix
Interpreti e ruoli
Gabriel Basso (J.D. Vance), Glenn Close (Mamaw Vance), Amy Adams (Bev Vance), Owen Asztalos (J.D. Vance bambino), Haley Bennett (Lindsay Vance), Freida Pinto (Usha), Bo Hopkins (Papaw Vance)
Soggetto
Lo scrittore statunitense J.D. Vance ha raccontato gli affanni della sua crescita nell’America impoverita e fragile dello Stato del Kentucky. Siamo nella “Rust Belt”, in quella zona degli Appalachi un tempo florida di attività e dove oggi le fabbriche e i negozi sono chiusi, ritratto di un miraggio decadente. J.D. è cresciuto, accanto a una madre, Bev, con stati d’animo a corrente alternata, in continua ricerca di una stabilità sentimentale e lavorativa. Perno educativo per il giovane è la nonna Mamaw, che rimette costantemente sul binario la famiglia nei momenti di sbandamento. In particolare, J.D. arriva a non deragliare proprio grazie alla nonna; a lei il ragazzo deve quella resilienza e grinta che gli permettono di trasformarsi in un self-made man, accedendo alla Yale Law School e incarnando così il “sogno americano” dell’ascensore sociale.
Valutazione Pastorale
Non è proprio l’America degli “Happy Days” quella che ci mostra questa volta Ron Howard in “Elegia americana” (“Hillbilly Elegy”), duro e disperante racconto di formazione in una terra a stelle e strisce che smarrisce il sogno nella crisi economica e nella disoccupazione. L’opera attinge a piene mani alla storia vera di J.D. Vance, avvocato che ha raccontato la sua famiglia e gli affanni nella povertà nell’omonimo libro uscito nel 2016 e che il “New York Times” ha incoronato tra i best seller. Howard decide di abbandonare il sentiero cinematografico che ha sempre percorso – tra i suoi film “Splash” (1984), “Apollo 13” (1995), “A Beautiful Mind” (2001, Oscar miglior film e regia) e “Frost/Nixon” (2008) – per sposare uno sguardo sociale più graffiante e duro. Nella sua filmografia una scelta simile si ritrova forse in “Cinderella Man” (2005), racconto ambientato al tempo della Grande depressione in America, anche se i toni lì sono più da favola sociale tesa al riscatto. Qui in “Elegia americana” lo sguardo è ben diverso. C’è un tentativo di andare più in profondità nelle pieghe del reale, nelle periferie di un’umanità demotivata dal lavoro che non c’è e da una povertà che rende infelici e arrabbiati. I toni edulcorati sono ridotti all’osso, perché l’obiettivo è quello di un cinema di denuncia, anche se non si abbandona mai del tutto la parabola dell’American Dream. Howard prova dunque a confrontarsi con una modalità di racconto non proprio sua, più asciutta, e non sempre sembra riuscire a mantenere bene il controllo della tensione del racconto. Gli manca quel graffio dolente e poetico alla Clint Eastwood, per non parlare del registro duro, serrato, e per questo appassionante, tipico di Ken Loach. “Elegia americana” incede senza troppa compattezza e pathos, seppure sia non poco disperante; il film risulta freddo, con una tensione emotiva non ben gestita. Sotto il profilo tematico-narrativo, accanto alla fotografia sociale, nel racconto troviamo anche uno sguardo sulla famiglia statunitense che ha perso fiducia nel domani. L’universo maschile è pressoché assente nell’orizzonte dell’adolescente J.D. Le donne della sua vita sono la nonna Mamaw, la madre Bev e la sorella Lindsay. L’instabilità è il ritmo dominante della crescita di questo ragazzo, con una madre imprevedibile, pressoché fuori controllo. Fortunatamente, ancoraggio nella tempesta rimane la nonna materna, che con modi asciutti e sbrigativi, ma densi d’amore, lo accompagna all’appuntamento con l’età adulta in maniera sana e solida. Da lei J.D. riceve quell’educazione che penetra nelle ossa, nelle fibre della mente e del cuore, quella che garantisce forza e resilienza nonostante tutto. E se la linea del racconto appare non sempre ben calibrata, a salvare le sorti dell’opera sono senza dubbio le interpretazioni di Glenn Close e Amy Adams, così significative e potenti. In particolare la veterana Close, perché il ritratto che compie di Mamaw Vance è davvero sorprendente, tanto a livello fisico, tra postura e gesti, quanto a livello espressivo. Dal punto di vista pastorale “Elegia americana” è da valutare come complesso, problematico e adatto certamente per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni di approfondimento nel racconto di una società, di una famiglia in affanno che cerca una via di riscatto. Il film mette a tema anche il ruolo centrale della scuola e della formazione.