In Concorso all'80a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia (2023)
Interpreti e ruoli
Lily James (Josephine Esperanto), Rebecca Antonacci (Mimosa), Joe Keery (Sean Lockwood), Rachel Sennott (Nan Roth), Alba Rohrwacher (Alida Valli), Willem Dafoe (Rufo Priori), Sofia Panizzi (Iris), Carmen Pommella (Elvira), Giovanni Moschella (Ugo), Enzo Casertano (Rinaldo), Michele Bravi (Cantante en travesti)
Soggetto
Roma, anni ’50. La giovane Mimosa sta per sposarsi, ma la vita che le hanno organizzato i genitori le risulta stretta. Quando la sorella Iris viene convocata per un’audizione a Cinecittà, Mimosa coglie l’opportunità per guardare da vicino il mondo che ha sempre amato. Lì è in lavorazione un kolossal sull’antico Egitto con le star Josephine Esperanto e Sean Lockwood. E proprio la diva internazionale nota Mimosa, scegliendola come comparsa. La giovane poi partecipa alle feste della notte romana, sempre al seguito di Josephine, Sean e del collezionista d’arte Rufo Priori. Un’avventura sin alle luci dell’alba, tra sfarzo e brucianti amarezze…
Valutazione Pastorale
Saverio Costanzo torna al cinema dopo la riuscita esperienza Tv de “L’amica geniale” (2018-20). A vent’anni dal folgorante successo di “Private” (2004, Pardo d’oro a Locarno) e a dieci da “Hungry Hearts” (2014), l’autore firma “Finalmente l’alba”, passato in Concorso a Venezia80, una produzione Wildside, Fremantle e Rai Cinema. La storia. Roma, anni ’50. La giovane Mimosa (Rebecca Antonaci) si sta per sposare, ma la vita che le hanno organizzato i genitori le risulta stretta. Quando la sorella Iris viene convocata per un’audizione a Cinecittà, Mimosa coglie l’opportunità per guardare da vicino il mondo che ha sempre amato. Lì è in lavorazione un kolossal sull’antico Egitto con le star Josephine Esperanto (Lily James) e Sean Lockwood (Joe Keery). E proprio la diva internazionale nota Mimosa, scegliendola come comparsa. La giovane poi partecipa alle feste della notte romana, sempre al seguito di Josephine, Sean e del collezionista d’arte Rufo Priori (Willem Dafoe). Un’avventura sin alle luci dell’alba, tra sfarzo e brucianti amarezze…
I riferimenti del film di Costanzo sono il cinema di Luchino Visconti, “Bellissima” (1951), e di Federico Fellini, “La dolce vita” (1960). Partendo dall’idea di raccontare un fatto di cronaca, il delitto di Wilma Montesi, giovane aspirante attrice trovata morta in spiaggia a Roma nel 1953, Costanzo desidera sottolineare la perdita di innocenza del nostro Paese. Il film, in verità, segue la direzione del cammino di formazione di una giovane donna, che in poco meno di 24 ore passa dal desiderio di evasione, dal futuro già preconfezionato, al duro faccia a faccia con il mondo adulto, disseminato di opportunità, sorprese ma anche deragliamenti. Mimosa si abbandona alle seduzioni del cinema, scoprendo a sue spese il confine tra finzione e reale, tra sogno e tragedia. Costanzo è abile nel mettere a confronto due quadri-mondi femminili. Il primo è quello della diva hollywoodiana Josephine Esperanto, abitata dal dissidio tra immagine pubblica e privata, richiamando Rita Hayworth schiacciata dal suo celebre ruolo Gilda. Josephine fa di tutto per essere al centro dell’attenzione, per diventare l’oggetto del desiderio maschile, collettivo, lasciando in secondo piano se stessa, la sua verità: splendida è la sequenza in hotel, all’alba, quando si toglie gli orpelli, trucco e parrucco, mostrandosi “nuda”, autentica, esausta e rassegnata a una vita di finzione. L’altra figura, Mimosa, è il vero oggetto del desiderio della comunità di artisti nottambuli, che ha occhi per la giovane per la sua carica di onestà ed emozioni ruggenti, lei che le possiede ancora a differenza loro. “Mi piace pensare – indica il regista – che sia un film sul riscatto dei semplici, degli ingenui, di chi è ancora capace di guardare il mondo con stupore”. Costanzo governa con efficacia la macchina narrativa, alternando omaggi alla Hollywood sul Tevere e al contempo sguardi ravvicinati sulle fragilità umane, tra finzioni, apparenze e timori. Il suo è un viaggio nell’abbagliante mondo dello spettacolo, ma anche nei tornanti bui di un’umanità borghese che si è lasciata corrompere, come denunciato da Fellini e Pasolini. L’autore ancora una volta rivela un chiaro talento e uno stile visivo personale. Al di là di qualche passaggio meno riuscito (si veda la soluzione della tigre), per il resto “Finalmente l’alba” è un film che funziona e convince. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
Utilizzazione
Per la programmazione ordinaria e per successive occasioni di dibattito.