Orig.: Italia (2003) - Sogg.: Ettore Scola - Scenegg.: Ettore, Paola e Silvia Scola - Fotogr.(Panoramica/a colori): Franco Di Giacomo - Mus.: Armando Trovajoli - Montagg.: Raimondo Crociani - Dur.: 92' - Produz.: Roma Cinematografica, Istituto Luce.
Interpreti e ruoli
Giorgio Colangeli (se stessa), Antonello Fassari, Fabio Ferrari, Fiorenzo Fiorentini, Sabrina Impacciatore, Salvatore Marino, Valerio Mastandrea, Rolando Ravello, Stefania Sandrelli, Alessia Barela, Lola Pagnani
Soggetto
A Roma, all'alba, un uomo esce di casa, prende l'autobus, arriva in un giardino e si incontra con un altro. Ma non va al lavoro, non ha ancora trovato il coraggio per dire alla moglie che è stato licenziato. Intanto nel giardino un gruppo di cinesi si ritrova per mattutini esercizi di yoga, ai quali si accoda anche una 'locale'. In un appartamento Maria è disperata perchè non sa come dire al ragazzo che non lo ama più. Ma la cognata extracomunitaria risolve subito il problema: alza il telefono e lo informa della situazione. Su un autobus un giornalista free-lance fa interviste sul rapporto tra i romani e gli stranieri. Un ragazzo cerca di approfittarne per conquistare una bella ragazza di colore. In un bar il proprietario fa uscire un africano per paura di perdere clienti. Poi racconta che suo padre è morto in Belgio da emigrante in miniera. Stefania Sandrelli accudisce un nipotino, fin quando arriva la macchina per accompagnarla sul set. Alcuni frequentatori di un Bingo allo stesso tavolo scommettono anche tra loro tra un'estrazione e l'altra. Una ragazza bionda aspetta un figlio da un ragazzo nero. Al cimitero del Verano un uomo ascolta le conversazioni dei defunti. Un'anziana ebrea esce di casa dal ghetto, vede soldati nazisti e sviene: si sta girando un film sullla deportazione. In una casa di riposo, i medici sono a colloquio con alcuni malati di Alzheimer. In un ristorante, un anziano ma vitale signore è a pranzo con il figlio, cui rimprovera la decisione di volerlo portare all'ospizio, e accusa le nuove generazioni di rinunciare alla memoria storica. A San Giovanni Nanni Moretti parla dal palco della manifestazione. E subito dopo gli iscritti ad una sezione DS si ritrovano in sede per seguire una partita della Roma. Di notte al Gay Village i giovani omosessuali (ragazzi e ragazze) si scambiano sguardi, si lasciano e si prendono. E' di nuovo l'alba. A piazza Navona, un barbone e un nobile sceso dalla carrozza si siedono alla stessa panchina. Si salutano e restano in silenzio.
Valutazione Pastorale
Pur nato a Trevico (Avellino), Ettore Scola vive a Roma da oltre cinquanta anni e della città è certo attendibile testimone. Alla domanda "Perché Roma?" , Scola risponde: "Perché con il tempo si diventa più sfacciati, si osa di più. Prima pensavo a Fellini e agli inevitabili confronti con il suo 'Roma'. Oggi faccio meno calcoli, ma la capitale resta una brutta bestia, piena di trappole, pericolosissima per chiunque la voglia rappresentare...Vorrei che il pubblico, uscendo dalla sala, rivedesse almeno un giudizio o pregiudizio su Roma. E si innamorasse di qualcosa che non conosceva, che non sapeva che esistesse". Va detto che di queste giuste premesse Scola sembra poi essersi dimenticato. Quando si è trattato di decidere come 'svolgere' il tema, il regista ha scelto di non scegliere e si è perso in una frammentarietà irrisoltà di limitato impatto e di confusa ispirazione. Episodietti, raccontini, piccoli flash alcuni di imbarazzante inutilità (quello della Sandrelli) non arrivano ad alcuna sintesi, non aiutano a capire, non coinvolgono e non spiegano. Ma é tutta qui Roma? Certo non ci si aspettava (né si voleva) un ritratto-cartolina, ma nemmeno era auspicabile un risultato simile ad una agiografica cronachetta al ritmo di stornelli in salsa multiculturale. Così il viaggio di Scola nella capitale soffre di troppe assenze, di inspiegabili rimozioni, di proposte unilaterali (tutti i giovani di Roma vanno al Gay Village?) e, per non voler dire cose prevedibili, il regista ne dice poche altre tutte banali, risapute, ugualmente stereotipate. E va a finire che anche il tema forse più interessante, quello del rischio della perdita di memoria (impersonificato dallo sfogo di un grande Arnoldo Foà) si ritorce contro l'autore. Che parla di Roma senza mai citare la presenza della chiesa, delle parrocchie, dell'associazionismo sul territorio. Tutti dimenticati, tutti scomparsi, tutti gente non di Roma. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come discutibile, e segnato da ambiguità.
UTILIZZAZIONE: sia in programmazione ordinaria sia in altre occasioni il film può essere utilizzato, tenendone presente il taglio generalmente irrisolto, incompiuto, assai parziale.