Orig.: Italia (1989) - Sogg.: Damiano Damiani - Scenegg.: Damiano Damiani, Raffaele La Capria - Fotogr.(Panoramica/a colori): Gianfranco Transunto - Mus.: Riz Ortolani - Montagg.: Enzo Meniconi - Dur.: 110' - Produz.: Raidue; Compagnia Leone Cinematografia - VIETATO AI MINORI DI 14 ANNI.
Interpreti e ruoli
Elliot Gould (Theo), Tomas Milian (Clem), Nathalie Baye (Bella), Eva Robin's (Rosita), Jennifer Rubina Laser (Nuni), Jeremy Brudenell, Galeazzo Benti, Peter Gale, Michael Gothard.
Soggetto
Il rapporto tra Theo e Clem, registi cinematografici, non è mai stato dei migliori. Meno geniale e produttivo, il secondo ha sempre sospettato che Theo gli abbia carpito l'idea per un film che a questi fruttò uno dei suoi quattro Oscar, senza parlare di Bella, passata da Clem a Theo. Malgrado la giovinezza in comune, ci sono dunque fra i due ruggine e invidia da un lato, ironia e un po' di sadismo dall'altro. Eppure, quando si presenta al cancello della splendida villa di Capri in cui Theo tiene corte bandita, Clem è bene accolto. Una certa amicizia vi è ancora fra i due, malgrado battibecchi e stilettate. Clem comincia con il sedurre Bella. Theo se ne accorge, ma l'evento non lo scuote. La partita tra i due sarà giocata sul piano dell'arte: ognuno (questa la sfida da lui proposta) farà un film sulla vita dell'altro, vivisezionandosi a vicenda, come per capirsi finalmente a fondo. Theo suggerisce a Clem di inserire nel tema anche quello sulla transessualità, profittando della presenza di un ermafrodito e, mentre Clem accetta (e comincia a fare provini a «Rosita»), l'amico ne spia ogni mossa e parola, ingaggiando un attore per interpretare il ruolo di Clem. In più, per premere su di lui, gli fa finanziare il suo film dal produttore Plank. Circola voce che Theo ( ormai in realtà esaurito e senza idee) sia molto malato e destinato a morire in breve tempo. Forse per questo Clem (al corrente della cosa) è andato a Capri per constatare, lui eterno perdente, il degrado dell'amico e vendicarsi di lui. Può anche darsi, però, che la notizia sia falsa, l'ennesimo trucco del vittorioso Theo, deciso a fare di quella morte annunciata il patetico «clou» del film su Clem. Questi, non resistendo più alla pressione psicologica cui si trova sottoposto, fugge da Capri e da quell'uomo, che fino all'ultimo sembra aver voluto giocare e barare con la sua persona. Un anno dopo, in un grande cinema di New York, Clem vede l'ultimo film di Theo, in effetti morto da non molto: l'opera in cui egli è stato impietosamente rappresentato, eppure con amicizia, nel bene e nel male. E a Clem parrà di restare una volta di più un perdente di fronte alla geniale creatività e maestria dell'amico-rivale.
Valutazione Pastorale
Quando il gioco punta al massacro, la perfidia rende più studiata ed elegante la scherma, i supplizi si ammantano di invenzioni sottili e la distruzione dell'avversario si priva dei suoi più acri vapori, per consentire all'aspetto lucido lo scintillio della follìa. La sfida tra i due registi proposta, anzi imposta dal più forte, dall'uomo di successo Theo all'amico Clem, più sensibile, ma meno creativo e poco fortunato - consiste proprio in questo. Clem ne esce mutilato, una volta di più ipnotizzato, umiliato e vinto. Intrappolato nel gioco di per sé malizioso e ambiguo (per nulla occasionale il tema parallelo sulla transessualità), Clem è condannato: nella memoria di torti antichi (immaginari o probabili), nel rovello di una sconfitta umiliante e quasi vivisezionato da Theo. Una sfida crudele, con la bilancia sempre pendente da una parte sola, nell'eterno contrasto fra l'essere e l'apparire e dove, paradossalmente, l'amicizia ed uno strano affetto rivelano radici non recise dei tutto. La morte di Theo, preannunciata da vari segni (la donazione di tutti i beni alla compagna Bella; l'allontanamento di un comico ometto aspirante attore, la cui storia di vita non interessa più; la partenza di una fanciulla (Numi), sbarcata a Capri solo perchè innamorata del regista Theo, quella morte presa istrionescamente a pretesto per la scena "mélo" dell'ultimo film, diventa poco a poco un incubo. Il gioco dei sentimenti e dei risentimenti interpersonali a questo punto si è ispessito e arriva fino al drammatico finale, dove i guizzi ironici ed i risvolti psicologici della scommessa-ricerca si concludono in un bilancio amaro e impietoso. Va dato atto a Damiano Damiani dell'intelligenza, della lucidità della serietà di questo suo ultimo lavoro, nel quale ogni dettaglio è calibrato al millesimo, sull'impianto di una sceneggiatura robusta e senza la minima falla. La sua è una visione tragica dei sentimenti e della vita. Battute e stilettate crudeli, vittorie e sconfitte dei due duellanti, cattiverie e fair-play da salotto rendono perfettamente il clima. La presenza stessa della piccola corte caprese (assistenti, aspiranti attori, parassiti e produttori che vanno e vengono), tutto quel parlare e quell'agitarsi sul palcoscenico o dietro le quinte (con baci, abbracci, ricatti isterici, promesse e un diluvio di chiacchiere e fatuità), tutto ciò ha una funzione precisa e azzeccatissima quanto a cornice. La sfida essenziale è però fra i due, non più giovani, già amici, poi separati dagli eventi, dalla fortuna, nella vita stessa, eppure misteriosamente coinvolti e perduti nell'ultimo gioco. Ci sono nel film di Damiani moltissime cose, molti riferimenti e varie riflessioni possibili, senza il consueto psicanalista di turno, né oscuri filosofemi. Mai vi sono concessioni alla faciloneria. E anche di questo va lodato il regista, che in tanto impiego per un soggetto indubbiamente insolito e di sottile intelligenza ha diretto con mano sicurissima attori di grande bravura. La discutibilità del lavoro è unicamente addebitabile a taluni momenti ed episodi di dettaglio. Il lavoro è complesso, stimola eventuali dibattiti, è serio (ma non serioso), acuto (ma scevro da sofisticherie intellettualoidi) e, in tempi di film idioti o grossolani, risulta fra quei pochissimi prodotti in Italia che possano a giusto titolo aspirare a riconoscimenti su ribalte internazionali.