Godland. Nella terra di Dio

Valutazione
Complesso, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Amore-Sentimenti, Animali, Ecologia, Famiglia - fratelli sorelle, Famiglia - genitori figli, Fede, Rapporto tra culture, Tematiche religiose
Genere
Drammatico
Regia
Hlynur Palmason
Durata
143'
Anno di uscita
2023
Nazionalità
Danimarca/Islanda/Francia/Svezia
Titolo Originale
Vanskabte Land
Distribuzione
Movies Inspired
Soggetto e Sceneggiatura
Hlynur Palmason
Fotografia
Maria von Hausswolff
Musiche
Alex Zhang Hungtai
Montaggio
Julius Krebs Damsbo
Produzione
Snowglobe Films, Join Motion Pictures, Maneki Films, Film i Väst, Garagefilm International

Presentato nella sezione Un Certain Regard del 75° Festival di Cannes (2022)

Interpreti e ruoli

Elliott Crosset Hove ( Lucas), Ingvar Eggert Sigurðsson (Ragnar), Victoria Carmen Sonne (Anna), Ída Mekkín Hlynsdóttir (Ida), Jacob Lohmann (Carl), Hilmar Guðjónsson (L'interprete)

Soggetto

Islanda, fine del XIX secolo. Lucas, giovane prete luterano danese, viene inviato in Islanda con l’incarico di fotografare luoghi e abitanti dell’isola e costruirvi una chiesa. Sotto il peso di un’ingombrante apparecchiatura il sacerdote comincia un viaggio estenuante attraverso una natura selvaggia e inospitale che mette a dura prova la sua resistenza fisica, ma soprattutto, spirituale.

Valutazione Pastorale

Diretto da Hlynur Pálmason, regista islandese classe 1984, “Godland. Nella terra di Dio” ci porta nell’Islanda a cavallo tra XIX e XX secolo, dove il giovane prete luterano Lucas (Elliott Crosset Hove), deve recarsi per fotografare luoghi e abitanti e costruire una chiesa. Lucas, danese, non ha alcuna dimestichezza con la lingua islandese e così, alla spedizione guidata dal massiccio Ragnar (Ingvar Eggert Sigurðsson), si aggrega un interprete (Hilmar Guðjónsson). Il viaggio si rivela subito insidioso, la terra fredda e inospitale si mangia parte del carico e, soprattutto si prende la vita dell’interprete, unico punto di contatto tra il prete e il mondo, lasciandolo solo, isolato dal resto del gruppo, spossato nel corpo e nello spirito. Quando finalmente raggiunge la meta la situazione non migliora: Lucas non riesce a integrarsi nella comunità che, piuttosto freddamente a dire il vero, lo accoglie.
A discapito del titolo, “Godland. Nella terra di Dio”, non è certo la religione o la fede il cuore del film. Siamo molto lontani dallo slancio missionario, i tormenti, i dialoghi appassionati e la disperazione di “Silence” (2016) di Martin Scorsese. Protagonista del racconto è infatti la natura, lo scorrere del tempo e il mutare delle stagioni che, sole, plasmano la terra e conducono le vite degli uomini. Le lunghe inquadrature sulle vaste e immobili distese ricoperte di neve o dalla timida erbetta del disgelo, il lungo soffermarsi della macchina da presa sui particolari più minuziosi, sono la cifra stilistica scelta dal regista Pálmason, ma anche il limite del film. Il protagonista è attanagliato da una solitudine disperante; il suo unico contatto con gli altri, infatti, si limita alla manciata di secondi necessari per scattare una foto. La macchina fotografica diventa la lente con cui legge ciò che lo circonda, ma anche lo schermo dietro il quale si nasconde, una barriera costantemente alzata che lo prosciuga di ogni energia, fino a soffocarlo portandolo a esplodere in un gesto di violenza irreparabile. E anche il rapporto con Dio, che pure aveva invocato una notte, quando bruciava di febbre, sembra dissolversi in un balbettio di formule vuote, in una chiesa affollata, ma buia e fredda, come il suo animo. Lucas si perde perché ha perso il contatto con Dio, ma anche con gli uomini, non riesce a sentirsi parte di una comunità e si dissolve in una solitudine mortifera. “Godland. La terra di Dio” è complesso, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria. Per la complessità dei temi in campo, in presenza di minori è bene prevedere l’accompagnamento di adulti ed educatori che aiutino a contestualizzare la vicenda.

Le altre valutazioni

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