HEIMAT 2 – L’EPOCA DELLE MOLTE PAROLE (DODICESIMO EPISODIO) ***

Valutazione
Discutibile, Realistico, Dibattiti
Tematica
Politica-Società, Storia
Genere
Drammatico
Regia
Edgar Reitz
Durata
121'
Anno di uscita
1993
Nazionalità
Germania
Titolo Originale
DIE ZWEITE HEIMAT - DIE ZEIT DER VIELEN WORTE (DODICESIMO EPISODIO)
Distribuzione
Mikado Film
Soggetto e Sceneggiatura
Edgar Reitz
Musiche
Nikos Mamangakis
Montaggio
Susanne Hartmann

Sogg. e Scenegg.: Edgar Reitz - Fotogr.: (normale/b.n. a colori) Christian Reitz - Mus.: Nikos Mamangakis - Montagg.: Susanne Hartmann - Dur.: 121' - Produz.: Edgar Reitz Productions, Munchen

Interpreti e ruoli

Henry Arnold (Hermann Simon), Frank Roth (Stefan Aufhauser), Carolin Fink (Kathrin), Salome Kammer (Clarissa Lichtblau), Anke Sevenich (Schnüsschen), Peter Weiss (Rob Sturmer), Noemi Stever (Helga Aufschrey), Lena Lessing, Alexander May, Abbie Conant

Soggetto

Stefan Aufhauser e Olga Muller si recano a Berlino Est in auto per girare un film sulla vita di Esther Goldbaum, di cui Olga è protagonista. Mentre Helga Aufschrey e Kathrin estremizzano la loro posizione critica nei confronti del “sistema”, fino a bloccare completamente la lavorazione del film per discutere se fare un’opera singola o collettiva, Hermann è sempre più frustrato dal fatto che Schnüsschen si sia iscritta all’università e gli riempia la casa di studenti che vi bivaccano bevendo o fumando e lo trattano come un perfetto estraneo, mentre la moglie si sente realizzata e si occupa del recupero, in verità assai difficoltoso, dei tossicodipendenti. Una volta la polizia arresta due “ospiti”, e una notte Hermann, rincasando, trova addirittura una ragazza drogata nel letto coniugale. Il console Handschuh, che vede i profitti della Isarfilm salire, gli regala la tessera delle ferrovie tedesche, ma il giovane compositore, dopo un violento litigio in cui getta la fede dalla finestra, imitato dalla moglie, se ne va a Berlino, dove è accolto da Kathrin, che non gli ha mai nascosto la sua simpatia. Clarissa Lichtblau dal canto suo riceve la visita di vecchie colleghe di un corso di perfezionamento fatto negli Stati Uniti, e l’amica Camilla decide di restare a vivere con lei. Esasperato dai continui rinvii della lavorazione del film, sostituiti da discussioni, interviste e dibattiti senza fine, Stefan decide di licenziare tutti inimicandosi Rob e lascia Berlino. Intanto Schnünsschen chiede notizie di Hermann a Renate, e poi al console, che lo pensa su un treno a godersi un bel viaggio. Il marito invece si consola con la bionda Kathrin apprendendo le regole della comune, che non vuole porte alle camere, bagni compresi, ed una totale libertà di esprimersi. Ma nel corso di un’orgia, dopo assunzione di haschisch, Hermann ha un sussulto e si strappa alle avance promiscue degli amici di Kathrin, e torna a Monaco. Qui trova la casa in ordine, ma la moglie non c’è più. Deluso, Hermann se ne va in montagna.

Valutazione Pastorale

è una delle puntate più densa di eventi e notazioni psicologiche della serie: il sessantotto, con i suoi miti, i suoi furori, ora ingenui, ora utopici, rivive in questo grande polittico con una aderenza stilistica ed una proprietà di linguaggio che sarebbe difficile muovere appunti, tanta e tale è la verità che prorompe dalle immagini e dai dialoghi, che sanno resuscitare ricordi spesso brucianti. Il fiume delle parole e di lavaggi collettivi del cervello che contraddistinse quel periodo (che poi preparò la lotta armata di talune frange a quella scuola formatesi) è reso da Reitz con assoluta serietà, rinunciando all’ironia, troppo facile a posteriori, e conferendo quindi a certe situazioni, come l’assemblea all’università dove Schnünsschen vuole intervenire e s’impappina, o alle mini-assemblee sul set di questo film che non si gira mai, un’aura tragicomica. Tutte le velleità di un’epoca tormentata tornano impietose con il loro gergo chirurgico e spietato, con i volti dei protagonisti attraversati da un’angoscia che solo il parlare, il comunicare quasi maniacale l’un verso l’altro senza mai raggiungersi, sembra sopire. E trionfa, su tutto, la caduta libera dei valori più elementari, dalla morte del trascendente, sostituito dall’analisi marxiana della società, alla morte della fiducia in sé stessi e nel prossimo. Tutto viene come atomizzato e quindi coagulato in grandi cooperative di pensiero, ognuna col suo linguaggio e la sua capacità di plagio. Reitz lascia, però con la scena, bellissima, di Schnünsschen che cerca, con la figlioletta per mano, le fedi lanciate dalla finestra, o quella di Hermann che si sottrae al viscidume della comune berlinese, alcuni; spiragli in questo quadro realistico e spietato. Un racconto naturalmente dai contenuti discutibili, dal punto di vista pastorale, ma esemplare per dibattiti.

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