Orig.: Italia/Francia (2016) - Sogg. e scenegg.: Alessandro Comodin - Fotogr.(normale/a colori): Tristan Bordmann - Mus.: Drachè, Dupap - Montagg.: Joao Nicolau, Alessandro Comodin - Dur.: 102' - Produz.: Paolo Benzi, Thomas Ordonneau per Okta Film, Shellac Sud con RAI cinema e con Arte France Cinema.
Interpreti e ruoli
Sabrina Seyvecou (Ariane), Erikas Sizonovas (Tommaso), Luca Bernardi (Arturo), Marco Giordana (Massimo), Carlo Rigoni (Dino), Paolo Viano (amico al bar), Marinella Cichello (amica al bar), Santo Giuffré . (detenuto filosofo)
Soggetto
Tommaso e Arturo hanno trovato rifugio nella foresta. Sono in possesso di un fucile che tengono a vicenda e cercano di non usare. Quello che non si vuole, però accade. Così partono due colpi, e Tommaso e Arturo restano a terra. Passano molti anni, la foresta è la stessa ma pare sia infestata da lupi affamati. Qui Ariane scopre sul terreno uno strano buco dove infine entra. Sarà forse lei la ragazza di cui parla la leggenda?. Ariane è entrata e nessuno se ne è accorto. Sarà una favola o c'è qualcosa di vero?
Valutazione Pastorale
"Filmare delle persone in fuga": questo -dice l'autore- è il desiderio molto semplice che ispirato il film. Molto semplice e insieme molto complesso: perché poi bisogna capire cosa vuol dire filmare persone in fuga. Da queste premesse si dovrebbe ricavare l'idea che Comodin accosta il copione come un puzzle scombinato e informale, dentro il quale si muove un'unica direzione alla ricerca di un senso. La sua opera prima, "L'estate di Giacomo" aveva colpito per la sensazione di acerba freschezza e di malato lirismo che la pervadeva. Qui siamo in un non-luogo, in un bosco dove la vita langue e il non-movimento ispira sentimenti di acuto blocco della dinamica intellettuale. Forse una tragedia in tre atti, un salto nel buio della mente e del tempo, scarti di favola e rifugio nella tentazione dell'incontro. Il regista racconta in modo distillato e fluviale, passando dal bosco agli elementi che la natura regala, acqua, aria, animali, segnali di abitudine non semplici da decifrare. Sono posti che si abitano con fatica, e quindi bene il titolo ricorda quello che arriverà. Ma la felicità è un traguardo aspro, difficile, impossibile da definire. Comodin percorre le proprie terre, zone che conosce eppure sembrano ritirarsi di fronte al passare del tempo, spende poche parole, dà spazio a poca colonna sonora, finisce per rassegnarsi al carcere. dove forse tutto si chiude (o forse ricomincia). Chiuso, enigmatico, ellittico, il film è tessuto di favole ancestrali e remote. Come la vita in quei recessi lontani e inaccessibili. Il regista è freddo, ghiaccio, qua e là ispirato, ma resta orgogliosamente al di qua della soglia della comprensione. O del dialogo. Dal punto di vists pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria pensando ad un pubblico molto particolare, pronto a confrontarsi con storie dal fascino difficile e nascosto.