Gran Bretagna (1998) - Sogg.: tratto dal romanzo "Hideous kinky" di Esther Freud - Scenegg.: Billy Mackinnon - Fotogr. (Scope/a colori): John De Borman - Mus.: John Keane - Montagg.: Pia Di Ciaula - Dur. : 98' - Produz.: Ann Scott.
Interpreti e ruoli
Kate Winslet (Julia), Said Taghmaoui (Bilal), Bella Riza (Bea), Carrie Mullan (Lucy), Pierre Clémenti (Santoni), Abigail Cruttenden (Charlotte), Ahmed Boulane (Ben Said), Sira Stampe (Eva), Amidou (sceicco Sufi), Michelle Fairley . (Patricia)
Soggetto
Nei primi anni '70, Julia, venticinque anni, lascia Londra all'indomani del fallimento della relazione con l'uomo con cui voleva costruirsi una vita, e arriva a Marrakech insieme alle due figlie piccole, Bea, otto anni, e Lucy, sei. E' Natale, e, nella piazza della città, le piccole aprono contente i regali spediti dal padre lontano ma ben presto si rendono conto che quelli sono i doni destinati alla nuova 'amica' del padre. Intenzionata a dare alle figlie un' educazione diversa, Julie vorrebbe portarle in giro per l'Algeria, e per se stessa intende fa visita ad un Sufi, per essere iniziata alla religione locale. Un giorno Julie conosce Bilal, un acrobata che vive di espedienti, ne è attratta e comincia a vivere con lui. Ma i soldi finiscono, le bambine vogliono andare a scuola, Bilal è forse ricercato dalla polizia, e la fatica e le privazioni cominciano a farsi sentire. Julia incontra quindi Santoni, un europeo ricco ed elegante, che la invita nella propria casa. Vi rimane solo Bea, mentre Julia e Lucy partono alla volta del Sufì. Arrivata sul luogo, Julia va in crisi di pianto di fronte alle domande del sacerdote e ammette di non essere pronta. Tornata alla casa di Santoni e appreso che Bea é fuggita, la ritrova in un orfanotrofio per bambini poliomelitici. Bea si sente male, il medico dice che ha preso lo streptococco e invita la madre a riportarla a casa. Julia riceve all'improvviso tre biglietti ferroviari: li ha comprati Bilal, che ha venduto la sua nuova uniforme da spettacolo per turisti. Julia lascia Marrakech in treno con le due figlie: dal finestrino vedono Bilal fare grandi cenni di saluto, mentre il suo turbante si srotola al vento.
Valutazione Pastorale
Si può essere d'accordo sul fatto che negli anni Settanta una larga parte della gioventù dell'Europa occidentale fu colta da uno smarrimento di identità acuto e profondo (che forse dura ancora oggi) e che tale smarrimento ebbe come reazione la ricerca di nuove forme di realizzazione individuale in contesti geografici del tutto diversi quali, in primo luogo, l'Africa. Ma é sui modi attraverso i quali questa ricerca si realizzò che si possono avanzare dei dubbi. A voler prendere alla lettera la vicenda di Julia, che il regista ha tratto da un romanzo di Esther Freud, ci sarebbe da concludere che quell'avventura è stata una semplice utopia e una inutile perdita di tempo. Ma certo non è andata sempre così. Ed allora é proprio questo film ad essere sbagliato. Lento nel ritmo, ripetitivo nelle immagini e nelle situazioni, privo di scarti, contrasti, dialettiche caratteriali, adagiato su sterili meditazioni di una filosofia in pillole, il film affonda nella banalità e nell'inerzia espressiva. Le domande importanti rimangono irrisolte, e la protagonista non riesce mai a comunicare la propria ansia o il proprio dolore. Dal punto di vista pastorale, il film è discutibile per certi disinvolti, inutili atteggiamenti della madre che non nasconde niente alle figlie, ma la superficialità ne resta il tratto costante e continuato.
UTILIZZAZIONE: il film non è molto adatto ad una programmazione ordinaria. Pur con i molti limiti evidenziati, può servire ad aprire un confronto sul periodo di riferimento, gli anni '70, l'attrazione dell'Africa, delle filosofie esoteriche, l'indipendenza della donna.