Presentato in Concorso alla 78a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, il film ha ottenuto il Premio speciale della giuria
Interpreti e ruoli
Nicola Lanza (Zì Nicola), Antonio Lanza (figlio di Nicola), Leonardo Larocca (medico), Paolo Cossi (speleologo disegnatore), Leonardo Zaccaro (speleologo ), Jacopo Elia (speleologo ), Luca Vinai (speleologo ), Denise Trombin (speleologo ), Mila Costi (speleologo ), Claudia Candusso (speleologo ), Giovanbattista Sauro (speleologo ), Federico Gregoretti (speleologo ), Carlos Josè Crespo (speleologo), Angelo Spadaro (speleologo), Enrico Troisi (speleologo)
Soggetto
Calabria del 1961, altopiano del Pollino. Una squadra di speleologi esplora le cavità della terra alla scoperta della grotta del Bifurto, a quasi 700 metri di profondità....
Valutazione Pastorale
Era dal 2010 che il regista milanese Michelangelo Frammartino non dirigeva un lungometraggio. Dopo l’opera prima “Il dono” del 2003 e il lodato “Le quattro volte” del 2010, ecco arrivare in concorso a Venezia78 “Il buco” - dove ha ottenuto Premio speciale della giuria -, film che muovendosi tra inchiesta e poesia ci offre uno spaccato dell’Italia anni ’60, nel pieno del boom economico, un Paese diviso tra mito del progresso e una realtà contadina incapace di cambiamento. Siamo nella Calabria del 1961, all’interno dell’altopiano del Pollino, una squadra di speleologi giunge sul territorio per immergersi nelle pieghe della terra alla scoperta della grotta del Bifurto, a quasi 700 metri di profondità. L’opera di Frammartino si gioca dunque tutta sulla contrapposizione tra progresso e tradizione, tra mito dell’uomo costruttore, che celebra l’impresa del grattacielo Pirelli a Milano, e quello che si addentra nelle profondità del sottosuolo in cerca di conoscenza e memoria del passato. A questo si aggiunge anche lo sguardo lirico del regista sulla natura e i suoi ritmi (attraversino l’istantanea di un vecchio pastore), che vanno piano piano sbiadendo; una riflessione che ricorda quella di Pier Paolo Pasolini quando mette in guardia dalla fine della civiltà contadina millenaria, custode delle tradizione.
Il buco” ha un respiro contemplativo, che affascina per evidente bellezza visiva, trovando però qualche elemento di affanno nella formula del racconto scarno, senza dialoghi, soggetto a una lentezza a tratti respingente. A ben vedere ogni opera di Frammartino è una scommessa sulla sua capacità di proporre forme innovative di cinema sfidando lo spettatore a recepirle come tali. Il linguaggio antropologico che mette in campo sembra richiamare, e non poco, la poetica di Ermanno Olmi e di Franco Piavoli. Ferma restando la difficoltà di accogliere un cinema come quello di Frammartino, ne resta viva tuttavia la lezione da un lato di un coraggio produttivo fuori dal comune e dall’altro di una modalità di racconto sociale densa di riflessione. Dal punto di vista pastorale “Il buco” è consigliabile, poetico e per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da proporre in programmazione ordinaria e in successive occasioni di dibattito.