IL DOLCE RUMORE DELLA VITA

Valutazione
Accettabile, Problematico, dibattiti**
Tematica
Bambini, Donna, Famiglia - genitori figli, Libertà, Metafore del nostro tempo, Psicologia
Genere
Drammatico
Regia
Giuseppe Bertolucci
Durata
92'
Anno di uscita
1999
Nazionalità
Italia
Distribuzione
Medusa Film
Musiche
Bevano Est
Montaggio
Federica Lang

Orig.: Italia (1999) - Sogg. e scenegg.: Mimmo Rafele, Lidia Ravera, Giuseppe Bertolucci - Fotogr.(Panoramica/a colori): Fabio Cianchetti - Mus.: Bevano Est - Montagg.: Federica Lang - Dur.: 92' - Produz.: Letizia Cinematografica.

Interpreti e ruoli

Francesca Neri (Sofia), Rade Serbedzija (Bruno Maier), Claudio Biscione (Bruno), Niccolò Senni (5 anni), Rosalinda Celentano (Bruno), Olimpia Carlisi (15 anni), Alida Valli (Lolita), (prostituta)

Soggetto

Alla vigilia del saggio di fine corso, Sofia, giovane allieva in una scuola di recitazione, scopre che Bruno, il maestro di cui é innamorata, é omosessuale. Delusa, scappa e prende un treno per tornare al nord, in famiglia. Durante la notte vede del sangue sulla porta della toilette, trova un neonato abbandonato: fuori, nella piccola stazione, una ragazza si allontana di corsa. Sofia non fa a tempo a raggiungerla. Decide allora di tenere il bambino come se fosse figlio suo, dicendo a tutti che il padre é morto. Cinque anni dopo, Sofia recita per le scuole in una compagnia di sole donne. Il bambino é con lei, si chiama Bruno e la chiama mamma. Nello stesso teatro, la sera,arriva il maestro Bruno. I due si incontrano e Sofia, come sottile vendetta, gli fa balenare il sospetto che quel ragazzino possa essere frutto della loro relazione. Passano dieci anni. Sofia, attrice ormai famosa, si cimenta a teatro. In camerino Bruno, quindicenne, crede di riconoscere suo padre nell'intervista ad un uomo malato terminale di AIDS. La conferma arriva, quando l'intervistato dice di avere un solo rimpianto: non aver potuto offrire l'amore dovuto al figlio che non ha mai visto. Bruno ha una reazione violenta, vuole sapere dalla madre la verità. Di notte in un bar, Lolita, la giovane proprietaria, racconta a Sofia la storia di un figlio abbandonato anni prima. E' la vera madre e, stavolta, Bruno capisce. Allora a sua volta, ripete a Sofia tutto lo svolgimento dei fatti, come se si parlasse di altre persone. Il castello di bugie costruito da Sofia in tanti anni forse sta per crollare.

Valutazione Pastorale

Costruito su uno stile del tutto antirealistico che poggia sulla scelta di un' inquadratura quasi sempre obliqua e crea atmosfere tra il letterario e il drammatico, il film riesce a far emergere una serie di problemi di non piccola importanza. In primo luogo quello dei bambini abbandonati che crescono e, da adolescenti, cercano il padre. Da qui gli interrogativi che incombono su Sofia: più in generale, bisogna chiedersi, la donna che ha compiuto un gesto d'amore e poi si affeziona, che comportamenti deve tenere di fronte all'apparire della vera madre? Certo il finale rimane aperto ma intanto il racconto ha proposto un tessuto narrativo denso e stimolante, lungo il quale al tema centrale del rapporto madre-figlio si sono affiancati quelli del ruolo del teatro, dell'attore, del significato della finzione sul palcoscenico e nella vita reale, della ricerca della verità. Nel titolo (tratto da una poesia di Sandro Penna) é del resto racchiuso il senso del film, il suo procedere nel buio e nel frastuono della vita, cercando di trarne la dolcezza e l'equilibrio nascosti ma pur sempre esistenti. Dal punto di vista pastorale, il film si pone come un contributo positivo per la riflessione sui temi sopra indicati: é quindi da valutare come accettabile, problematico e da suggerire per dibattiti.
UTILIZZAZIONE: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, anche per la novità del suo linguaggio espressivo, e da recuperare in occasioni più ristrette come avvio alla riflessione sugli argomenti che lo caratterizzano.

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