Orig.: Francia (2001) - Sogg. e scenegg.: Guillaume Laurent, Jean-Pierre Jeunet - Fotogr.(Scope/a colori): Bruno Delbonnel - Mus.: Yann Tiersen - Montagg.: Hervé Schneid - Dur.: 120' - Produz.: UGC International con Victoires Productions, Tapioca Films, France 3 Cinema.
Interpreti e ruoli
Audrey Tautou (Amélie Puolain), Mathieu Kassowitz (Nino Quincampoix), Rufus (Raphael Poulain), Dominique Pinon (Joseph), Jamel Debbouze (Lucien), Isabelle Nanty (Georgette), Yolande Moreau (Madeleine Wallace), Arthus de Penguern (Hipolito), Maurice Bénichu (Bretodeau), Claude Perron (Eva), Clotilde Mollet (Gina), Claire Maurier . (Suzanne)
Soggetto
Amélie Poulain racconta la propria vita fino a quel momento. Nata nel 1973, ha sempre vissuto nel chiuso della piccola casa in compagnia degli appartati genitori. Un giorno la mamma é morta di fronte alla basilica di Notre-Dame, e il padre si è ritirato ancora di più, intento a passare la giornata dedicandosi ad un nano di gesso da giardino. Diventata maggiorenne, Amélie comincia a guardarsi intorno, arriva nel centro di Parigi, comincia a lavorare in un bar tabacchi di Monmartre. La sua vita continua a scorrere metodica, fino a quando la notizia della morte di Lady D. fa scattare in lei una improvvisa scintilla. Il bar, frequentato da un piccolo gruppo di annoiate e un po' maniacali persone, diventa il punto di partenza da cui Amélie comincia a svolgere il compito che si è data: cercare di infondere felicità negli altri attraverso le piccole cose. Amélie si innamora poi di Nico, impiegato in un sexy shop, lo segue, riesce a parlare con lui e ad avviare una relazione. Ma Amélie non si pone obiettivi più lontani. Muovendosi tra i colleghi e le colleghe del bar, alcuni individui che abitano nel suo palazzo, il fruttivendolo cui rivolge scherzi pesanti, Amélie tende a mantenere un equilibrio quotidiano che da se stessa si sforza di trasferire anche nella vita altrui.
Valutazione Pastorale
La prima impressione é quella di leggere uan favola costruita su piccole, preziose sfumature verbali e tradotta in immagini dalle quali sprigionano odori di profumi ricercati, essenze, arabeschi: in un gioco dove gli oggetti costituiscono presenza dominante e gli ambienti delimitano lo spazio in cui muoversi. Questi spostamenti riescono bene ad Amélie, giovane folletto spaurito ma ben deciso a far sì che gli altri (quelli che la circondano) non si limitino più a guardare ma comincino anche a "vedere" l'armonia che li circonda. Come una specie di grillo parlante, Amélie saltella attraverso Monmartre, entra ed esce dalle case e dal bar, osserva, si insinua, provoca incontri sentimentali, per gli altri e per sè stessa. Amélie dispensa pillole di equilibrio e di saggezza. Sul quadro, sul piccolo affresco metropolitano che a poco a poco si compone, non c'é quasi nulla da obiettare. Il dubbio che resta è se considerare l'insieme come fresco e genuino, o piuttosto evidenziare l'artificiosità di alcuni passaggi. Qualcosa di forzato, di stucchevole emana dall'incontro tra Amélie e il terzetto oggetti-luoghi-persone. A lungo andare si insinua un po' di compiacimento,e la sensazione che la costruzione del personaggio vada a scapito dell'autenticità dei sentimenti che vuole esprimere. Amélie insomma stonerebbe nei genuini e intensi ritratti parigini di Erich Rohmer. Dal punto di vista pastorale, si segnalano dunque riserve all'interno di un film nell'insieme accettabile, e di taglio generalmente brillante.
UTILIZZAZIONE: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, e da proporre come esempio di commedia francese che abilmente mescola sentimento del tempo, elogio della capitale, letteratura, psicologia.