Orig.: Ungheria/Germania (2013) - Sogg.: tratto dal racconto "Il grande quaderno", primo della 'Trilogia della Città di K.' di Agota Kristof - Scenegg.: Andras Szekér, Janos Szasz, Agota Kristof - Fotogr.(Scope/a colori): Christian Berger - Mus.: Johan Johanson - Montagg.: Szilvia Ruszev - Dur.: 113' - Produz.: Sandor Soth, Pal Sandor.
Interpreti e ruoli
Laszlo Gyémant (Egik Uker), Andras Gyémant (l'uno), Piroska Molnar (Thomas Iker), Ulrich Thomsen (l'altro), Ulrich Matthes (Nagyanya), Gyongyver Bognar (la nonna), Orsola Toth . (Tiszt)
Soggetto
Quando la seconda guerra mondiale è prossima alla fine, una giovane madre in crisi porta i suoi figli, due gemelli, a casa della nonna, che vive in un isolato casolare. Tutti la chiamano "la strega" per il carattere disumano e crudele, e i due ragazzi ben presto capiscono che dovranno imparare a cavarsela da soli in quell'ambiente difficile. Decidono allora che devono diventare il più possibile insensibili al dolore e spietati di fronte alla sofferenza. Imparando a non reagire agli insulti e a ignorare il richiamo dei sentimenti, i gemelli scrivono tutto quello cui assistono su un grande quaderno, regalatogli dal padre al momento di partire per il fronte. Passano momenti tristi e brutti, arriva la fine della guerra ma i problemi non passano. Rivedono la mamma, che ha avuto una figlia da un altro uomo e muore. Rivedono il padre, con lui provano a fuggire ma l'uomo salta su un campo minato. I due gemelli ora decidono di prendere strade diverse per la prima volta si separano.
Valutazione Pastorale
Il copione è tratto dal primo libro della "Trilogia della città di K" scritto da Agota Kristof. La scrittrice, nata in Ungheria nel 1935 e naturalizzata svizzera, è morta a Neuchâtel nel 2011. Lascia l'Ungheria nel 1956 dopo l'invasione da parte dell'Armata Rossa, nel 1986 raggiunge il successo internazionale con la pubblicazione de "Il grande quaderno", cui fanno seguito "La prova" e "La terza menzogna". Insieme vanno a comporre "La trilogia della città di K", tradotto in più di 30 lingue. L'idea - ha detto la scrittrice- nasce dal desiderio di raccontare come lei e il fratello Jeno sono sopravvissuti alla guerra. Non tutto è autobiografico ma molti episodi provengono dalla realtà. Il regista Janos Szasz, nato nel 1958 e quindi per anagrafe 'lontano' dalla guerra, ha affrontato questa materia aspra e difficile senza cercare compromessi o scorciatoie. Bisognava essere espliciti sulla brutale forma di resistenza messa in atto dai gemelli, e così è stato. Fino al pugno nello stomaco e a qualche rifiuto di visione. L'insostenibile brutalità della guerra non è solo negli eventi bellici (qui non si vedono) ma in tanti microepisodi, originati da uno stravolgimento della mente e dell'equilibro individuale. La denuncia arriva forte e conferma che la fine della guerra (di ogni guerra) lascia nelle persone ferite quasi impossibili da rimarginare. Diario triste e accorato, testimonianza di un vissuto esplosivo e incendiario, il film, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria o, meglio, in occasioni mirate per avviare molte riflessioni: a partire dalle suggestioni provocate dalla scelta narrativa, dagli atteggiamenti dei due gemelli, dalla forte conflittualità tra ragione, crudeltà, morale e umanità calpestata.