Sogg. e Scenegg.: Felice Laudadio - Fotogr.: (panoramica/a colori) Marco Sperduti - Mus.: Ennio Morricone - Montagg.: Ugo De Rossi, Nino Baragli - Dur.: 90' Co-Produz.: Evento Spettacolo, Union P.N., Roma; K.G. Productions, Paris; Bioskop Film, Munchen
Interpreti e ruoli
Carla Gravina (Carla Aldrovandi), Jacques Perrin (Marco Canova), Paolo Graziosi (Francesco Mancini), Agnese Nano (Maria Mancini), Giuliano Montaldo (Tommaso Pesce), Ottavia Piccolo (Rosa), Alida Valli
Soggetto
Marco Canova, un magistrato da definire "in trincea" vive con la sua compagna Carla Aldrovandi, una ginecologa. Canova si occupa delle indagini su oscuri traffici d'armi nel quadro delle attività italiane internazionali e per questo gli è stata assegnata una scorta. Carla vive angosciata dalla paura, dalle uscite e squilli a vuoto del telefono, finché un giorno l'uomo viene ucciso: il piccolo aereo che lo riporta da Zurigo a Roma (era andato in Svizzera in missione di servizio) esplode in volo. Dopo la strage, il lavoro di Canova è continuato dal collega e amico Francesco Mancini, che già operava con Marco e gli era amico (mentre Maria Mancini, la figlia, è in cura da Carla). Ma anche Mancini, ormai magistrato troppo scomodo, viene eliminato. Il loro superiore, Tommaso Pesce, si dimette dall'Ordine giudiziario, scoraggiato e disgustato da una lotta feroce in cui loschi affari, mafia e pressioni politiche sembrano agire con complicità inestricabili e terribili conseguenze, fino al delitto. Carla passa dapprima un periodo di frustrazione, poi trova carte riservate (per ipotesi e nomi) del defunto e allora decide di non arrendersi. Contattate altre donne rimaste vedove e con figli, raccoglie da loro elementi adeguati, allo scopo di rompere tutte insieme (donne come lei ma anche mogli e figlie della mafia, di mandanti ed esecutori) quel muro di silenzi che opprime il Paese.
Valutazione Pastorale
un quadro drammatico e, purtroppo, non di pura invenzione. Personaggi autentici, che vivono nella paura e nell'angoscia, protetti finché possibile da scorte destinate anch'esse a diventare vittime; magistrati "in trincea" (dall'ufficio alla macchina fino a casa) per rarissimi momenti di intimità con mogli e figli. È un film di realistici dettagli e di tragici eventi quello che Margarethe Von Trotta propone, in un clima cupo e teso cui, malauguratamente ancora, l'attualità fa emergere le sue note più veridiche. Bisogna, tuttavia, attribuirgli elementi positivi, in quanto il tema centrale consiste nel fare ricorso alla forza delle donne, per spezzare misteri, muri di complicità e delitti, nel quale essi si trovano inevitabilmente coinvolte. Un appello, perciò, affinché esse stesse non giochino il ruolo di vittime della violenza, che impone loro la sottomissione ed il silenzio. Tema valido nella sostanza e per le finalità, il quale tuttavia assume nello svolgimento i modi di una trattazione affidata a toni generosi, ma semplicistici. Forse è un problema di sceneggiatura. Vi è, insomma, una avvertibile divaricazione tra la calibratura ed il realismo della prima parte, per così dire documentaria ed attuale, e quella terminale, dove una speranza che la gente onesta e civile non può che augurarsi e condividere, tuttavia sfiora l'utopia. Corretta e accettabile la interpretazione di Jacques Perrin e di Giuliano Montaldo, molto teatrale quella di Carla Gravina.