Orig.: Germania/Francia/Italia/Russia/Polonia/Turchia (2014) - Sogg. e scenegg.: Fatih Akin, Mardik Martin - Fotogr.(Scope/a colori): Rainer Klausmann - Mus.: Alexander Hacke - Montagg.: Andrew Bird - Dur.: 138' - Produz.: Bombero International - IN CONCORSO ALLA 71^ MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2014).
Interpreti e ruoli
Tahar Rahim (Nazaret Manoogian), Sevan Stephan (barone Boghos), Shubham Saraf (Levon), Dina Fakhoury (Lucinée Manoogian), Zein Fakhoury (Arsinée Manoogian), Andrea Hessayon (sig.ra Balakian), Hindi Zahara (Rakel), George Georgiou (Vahan), Akin Gazi (Hrant), Hatun Kazci . (Delal)
Soggetto
1915, a Mardin la polizia turca mette in atto una retata tra i giovani armeni. Fatto prigioniero, il fabbro Nazareth Manoogian si trova separato dalla famiglia, la moglie e le due figlie. Sopravvive al genocidio, apprende che le ragazze sono vive e si mette sulle loro tracce. Comincia così un viaggio che lo porta in giro per il mondo, dalla Mesopotamia, all'Avana, al Nord Dakota...
Valutazione Pastorale
Dopo "La sposa turca" e "Ai confini del paradiso", la trilogia di Akin su "Amore, morte e diavolo" finisce, bisogna dirlo, nel peggiore dei modi. Copione lacrimoso, dialettica drammaturgica ai minimi storici, regia in vacanza dalla capacità di rendere credibili le giravolte problematiche del racconto. Se ne conclude che non basta scegliere un argomento 'forte' come le stragi compiute contro gli Armenì per mettere insieme un atto di denuncia, per invogliare a stare dalla parte di chi ha sofferto. Dalla seconda ora fino alla fine, Akim sembra inseguire a tutti i costi il maggior numero possibile di lacrime, pianto, facile commozione, in un tripudio di abbracci, sorprese, rimorsi. Per il regista turco si tratta di un'occasione sostanzialmente mancata, di un controcanto doloroso privo di emozione. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile (per i temi importanti affrontati) e velleitario per il taglio affrettato e melodrammatico con cui li svolge.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come possibilità di dedicare attenzione (pur con tutti i limiti segnalati) all'argomento "genocidio armeno".