Sogg. e Scenegg.: Andrei Konchalovsky, Anatoli Usov - Fotogr.: (panoramica/a colori) Ennio Guarneri- - Mus.: Eduard Artemyev - Montagg.: Henry Richardson - Dur.: 134' - Produz.: Claudio Bonivento Productions
Interpreti e ruoli
Tom Hulce (Ivan Sanshin), Lolita Davidovich (Anastasia), Bob Hoskins (Beria), Alexandre Zbruev (Josif Stalin), Feodor Chaliapin jr. (Bartnev), Bess Meyer (Katya), Oleg Tabakov (Vlasik), Vsevolod Carlonov, Alexandr Garin
Soggetto
a Mosca nel 1939, il giovane Ivan Sanshin misconosciuto proiezionista al club del K.G.B. la sera stessa delle sue nozze con Anastasia e poco dopo l'arresto dei suoi vicini di casa (i genitori ebrei della piccola Katya Gubelman), viene prelevato segretamente perché prescelto per proiettare film al dittatore Josif Stalin. Mentre Ivan è tutto dedito al suo "responsabile" lavoro, sua moglie, nascostamente, si reca nell'orfanotrofio dove è stata rinchiusa Katya, fingendosi sua zia: ciò provoca le ire di Ivan timoroso di perdere il posto perché redarguito e poi ricattato dal suo superiore. In seguito all'invasione della Russia da parte dei tedeschi, Ivan è costretto con la moglie a seguire sul treno per gli Urali il temibile capo del K.G.B., Beria, il quale trattiene e seduce Anastasia mentre Sanshin viene rimandato a Mosca. Dopo alcuni mesi Anastasia, incinta, ritorna da Ivan: ormai distrutta nello spirito si uccide lasciandogli un messaggio per Katya. Soltanto nel 1953, ai funerali di Stalin, Ivan, sconvolto, ritrova Katya. Ormai è deciso: le farà da padre.
Valutazione Pastorale
fondamentalmente biografico, il film presenta un regime e un dittatore visti con gli occhi di un oscuro testimone, oscuro quanto letteralmente sedotto dal mito di Stalin. Primo film girato all'interno del Kremlino questo di Konchalovsky, tornato in patria per ripercorrere, sul filo di una storia vera e personale, la tragedia di due generazioni, quella dei padri e dei figli vissuti sotto l'ombra minacciosa ma affabulante del dittatore georgiano. Non v'è nulla di più agghiacciante del bacio che la piccola Katya, privata dei genitori a tre anni, dà all'effigie dei "mostro" grazie al cui regime di terrore li ha persi. Ed il significato profondo e sempre attuale del film è come condensato in questa scena: non esiste coscienza che possa ribellarsi al potere bieco della tirannia, essa, come una piovra, sa trovare coi suoi tentacoli i punti deboli di ognuno, può trasformare una disperata orfanella in un'ardente giovane comunista, un bravo operaio in un fanatico vile ed ipocrita, una brava giovane in una prostituta. Solo la morte può liberare dall'abominio in una situazione dove le mura e le porte hanno orecchie, dove il vicino può tradirti, dove addirittura il figlio innocente può diventare il tuo sicario per procura. Parabola amara, a tratti agghiacciante, di un passato che molti occhi in occidente non volevano osservare per piaggeria, per ipocrisia, o per occulti motivi. Film diretto e fotografato in modo esemplare, con una scenografia cui le riprese nei luoghi "reali" conferiscono una verità straordinaria. Purtroppo la drammaticità di alcune immagini e il senso di disperazione e desolazione che promana da talune sequenze (in particolare quella agghiacciante nella sua sobrietà, del suicidio di Anastasia) richiedono delle riserve.