Il punto di rugiada

Valutazione
Consigliabile, poetico, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Adolescenza, Amicizia, Amore-Sentimenti, Anziani, Arte, Dolore, Droga, Educazione, Eutanasia, Famiglia, Famiglia - genitori figli, Giovani, Giustizia, Libertà, Malattia, Matrimonio - coppia, Morte, Solidarietà
Genere
Commedia - Dramma
Regia
Marco Risi
Durata
113'
Anno di uscita
2024
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
Il punto di rugiada
Distribuzione
Fandango Distribuzione
Soggetto e Sceneggiatura
Marco Risi, Riccardo De Torrebruna, Francesco Frangipane, Enrico Galiano
Fotografia
Michele Paradisi
Musiche
Leandro Piccioni
Montaggio
Luigi Mearelli
Produzione
Fandango con Rai Cinema

Interpreti e ruoli

Massimo De Francovich (Dino Rimoldi), Alessandro Fella (Carlo Guerra), Eros Pagni (Pietro), Lucia Rossi (Luisa), Luigi Diberti (Federico), Roberto Gudise (Manuel), Valerio Binasco (Dario), Elena Cotta (Livia), Erica Blanc (Antonella), Ariella Reggio (Lina), Bruno Noris (Chicco), Gloria Coco (Adelina Bertazzoni), Cristina Noci (Anita Bertazzoni), Palia Pavese (Giovannona), Emilio Dino Conti (Pierluigi), Maurizio Micheli (Pasquale), Giovanni Pastorenzi (Giovanni)

Soggetto

Carlo è giovane, ricco e viziato. Una sera, dopo aver bevuto parecchio, si mette alla guida e provoca un incidente a causa del quale una ragazza resta sfigurata. Manuel, di estrazione sociale più modesta, è accusato di spaccio. Entrambi si ritrovano a dover scontare un anno ai servizi sociali presso Villa Bianca, un’elegante e confortevole casa di riposo.

Valutazione Pastorale

Marco Risi (classe 1951, figlio di Dino, uno dei “pilastri” del nostro cinema, della cosiddetta commedia all’italiana), a quarant’anni dal suo esordio con “Vado a vivere da solo” torna a dirigere una commedia con un retrogusto amaro, “Il punto di rugiada”, racconto dolente di solitudini che s’incontrano: quella di due giovani “scapestrati” e di un gruppo di anziani, tra nostalgie, ricordi, dolori, lampi di ironia e di vita. La storia. Carlo (Alessandro Fella) è giovane, ricco, viziato. Una sera, dopo aver bevuto parecchio, si mette alla guida e provoca un incidente a causa del quale una ragazza resta sfigurata. Manuel (Roberto Gudese), di estrazione sociale più modesta, è accusato di spaccio. Entrambi sono condannati ai servizi sociali presso Villa Bianca, un elegante e confortevole casa di riposo, dove la parola “vecchi” è bandita, sostituita dalla più riguardosa “ospiti”. Un anno da trascorrere tra il direttore decisamente ostile e la capoinfermiera Luisa (Lucia Rossi), tanto professionale e riservata quanto affascinante e, naturalmente, gli ospiti: un colonnello che ancora soffre per la mancata nomina a generale; un ex attrice; un fotografo, Dino, scorbutico, brusco, sarcastico, che ritrova il rivale che in gioventù gli aveva “rubato” la fidanzata. Poi ci sono Federico, poeta malato di Alzheimer, e una signora che trascina la sua valigia alla ricerca della fermata del pullman che la porterà via da lì. Un tempo scandito, per tutti, tra cure personali, somministrazione a orari precisi di medicine, servizio a tavola, pomeriggi nella sala comune con un televisore sempre acceso che trasmette per lo più documentari sugli animali selvaggi che quasi nessuno guarda. Manuel e Carlo, superficiali e arroganti, entrano in contatto con qualcosa di inaspettato, un mondo fatto di dolori, sogni infranti, rimpianti, gioie effimere e la paura della fine, quella strisciante e subdola che li afferra all’improvviso e li ammutolisce, guizzando nei loro sguardi, tra chi la accetta, magari cercando di afferrare ancora qualche momento di serenità, se non proprio di gioia, e chi pensa di poterla “governare”, di poter decidere il quando e il come.
“Erano circa tredici anni – commenta Marco Risi – che pensavo a questo film sui vecchi e, nel frattempo, si può dire che lo sono diventato. Ero a Pordenone ad un incontro per il film ‘Fortapàsc’. Mi si avvicina un giovane maestro di scuola che nel frattempo è diventato uno scrittore di successo, Enrico Galiano, e mi parla della sua esperienza di qualche anno prima in una Casa di riposo come alternativa al servizio militare. Quei racconti mi sono rimasti dentro, sentivo che c’era materiale da romanzo come avrebbe detto Balzac ma anche da cinema.” Ed ecco questo racconto di formazione e cambiamento che il regista governa con garbo e sapiente lentezza, componendolo in quattro quadri: estate, autunno, inverno e primavera. “Il punto di rugiada” (meteorologicamente è una misura del contenuto di umidità dell’aria, un punto di equilibrio che segna il passaggio da uno stato fisico a un altro), ci parla di due mondi che s’incontrano e facendolo generano qualcosa di nuovo. Ma segna anche un passaggio tra passato e futuro, tra vecchi e giovani. Soprattutto per i due protagonisti che, da esecutori passivi e un filo annoiati degli ordini della capoinfermiera, si trasformano e cominciano a mettere un po’ del loro cuore in quello che fanno. Carlo scopre in Dino un ascoltatore attento e intelligente, che vede in lui qualità, possibilità, che neppure immaginava di avere; e Manuel che in quella dimensione trova una sua ragione di vita, tanto da decidere di fermarsi come volontario oltre il periodo prescritto dalla legge. Bellissima la scena in cui tutti escono a danzare sotto la neve, tornando i bambini che sono stati. Meravigliosi tutti gli interpreti: Massimo De Francovich, Maurizio Micheli, Erika Blanc, Luigi Diberti, Elena Cotta, Ariella Reggio, Eros Pagni, Alessandro Fella e Roberto Gudese. Ultimo aspetto da segnale, la colonna sonora impreziosita da brani senza tempo: “E la chiamano estate”, “Un bacio a mezzanotte”, “Stasera mi butto”, “Riderà”, “Op Op trotta cavallino” e “Pippo non lo sa”. Nel complesso “Il punto di rugiada” è consigliabile, problematico-poetico, adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte altre occasioni di dibattito. Per i temi in campo adatto ad un pubblico adulto e adolescenti accompagnati.

Le altre valutazioni

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