Orig.: Turchia/Francia/Germania (2014) - Sogg. e scenegg.: Ebru Ceylan, Nuri Bilge Ceylan - Fotogr.(Scope/a colori): Gokhan Tiryaki - Mus.: brani di autori vari - Montagg.: Nuri Bilge Ceylan, Bora Goksingol - Dur.: 196' - Produz.: Zeynep Ozbatur Atakan.
Interpreti e ruoli
Haluk Bilginer (Aydin), Melisa Sozen (Nihal), Demet Akbag (Necla), Ayberk Pekcan (Hidayet), Serhat Kilic (Hamdi), Nejat Isler (Ismail), Tamer Levent (Suavi), Nadir Saribacak (Levent), Mehmet Ali Nuroglu (Timur), Emirhan Doruktutan . (Ilyas)
Soggetto
Dopo venticinque anni di attività, Aydin si è ritirato dalle scene e ora gestisce un piccolo albergo nel cuore della Cappadocia. Con lui ci sono la sorella Necla, che soffre ancora per il recente divorzio, e la giovane moglie Nihal, con la quale i rapporti sono in una fase di difficoltà e di tensione. Invero Aydin ha molte altre proprietà nella zona, alcuni affittuari non pagano e ricevono l'avviso di sfratto. Tra questi un Imam gli si rivolge per avere comprensione e conforto. Aydin, che non si occupa direttamente degli affari, lo ascolta con difficoltà senza riuscire ad arginare la reciproca incomprensione. Anche con la moglie le difficoltà di convivenza aumentano. Quando annuncia di voler partire per Istambul, Aydin in realtà poco dopo rinuncia e torna indietro. Preferisce restare in albergo, nel proprio studio dove continua a scrivere articoli per il giornale locale e avvia il progetto di un libro sulla storia del teatro turco.
Valutazione Pastorale
Esordiente nel 1999 con "Mayis sikintisi", Ceylan si é affermato con due titoli, "Le tre scimmie" (2008) e "C'era una volta in Anatolia" (2011, cfr. le schede). Grande intensità espressiva, copioni densi, situazioni palpitanti: ed ora questo affresco/fiume, come una sorta di implacabile esame di coscienza, una resa dei conti non più rinviabile sul bordo delle scelte che confondono, scombussolano, frugano dentro le idee e le decisioni. "Avevo in mente -dice Ceylan- il progetto da una quindicina di anni. Mi sono ispirato a tre novelle di Cechov(...) ho trovato questo albergo in Cappadocia, una regione visitata anche d'inverno, in questa zona isolata ho ambientato la storia che ho dovuto per certi versi modificare, adattandola al luogo". Una vicenda che si snoda per 196' è organizzata e condotta dal regista con una compattezza, una continuità, una forza visiva che lascia attoniti, scava nella mente, smuove le idee, mette sottosopra conoscenze e illusioni, smonta utopie, scompagina teorie e luoghi comuni. I dialoghi tra Aydin e la sorella, tra Aydin e la moglie, con l'Imam rappresentano nuclei tematici di una messa in scena aspra, ruvida e insieme, collocata negli anfratti delle emozioni, dei timori, dei dubbi, delle incertezze. In quell'albergo, in quello studio, in quel paesaggio abbandonato battuto dal freddo ci sono esistenze che lottano tra bene e male. Il gelo dei sentimenti è in agguato ma non prevale. Forse l'amore riesce a imporsi. In fondo potrebbe essere l'ultimo capitolo di un teatro turco, la cui storia è in fase di scrittura. Nel fitto dialogo, negli spazi ora piccoli ora allargati, nella fuga tentata e non realizzata, ad imporsi è lo sguardo di Ceylan, regista dalle prospettive alte e dalle dimensioni non limitate, Un poema, più che un film, un'idea di cinema senza confini, forse l'unica in grado di sopravvivere alla tirannia delle nuove tecnologie. Dal punto di vista pastorale, il film, per l'intensita drammatica e il positivo coinvolgimento sulle emozioni e le incertezze umane, è da valutare come raccomandabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Le tre ore e venti inducono a ritenere il film adatto a situazioni mirate, per occasioni rivolte ad approfondire le mille suggestioni del copione (anche per il rapportocinema/teatro).