Orig.: Austria/Francia (2003) - Sogg. e scenegg.: Michael Haneke - Fotogr.(Scope/a colori): Jurgen Jurges - Mus.: il film non ha colonna sonora - Montagg.: Monika Willi, Nadine Muse - Dur.: 110' - Produz.: Veit Heiduschka, Margaret Ménégoz.
Interpreti e ruoli
Isabelle Huppert (Anna Loran), Beatrice Dalle (Lise Brandt), Patrice Chereau (Thomas Brandt), Olivier Gourmet (Koslowski), Brigitte Rouan (Béa), Lucas Biscombe (Ben), Hakim Taleb (giovane in fuga), Daniel Duval (Georges), Maurice Benichou (sig. Azoulay), Maryline Even (sig.ra Azoulay), Serge Riaboukine . (il capo), Rona Hartner (Arina), Anais Demoustier . (Eva)
Soggetto
Georges (il padre), Anna (la madre), Eva e Ben, i due figli, arrivano nella casa di campagna per trascorrervi un periodo di riposo. Appena entrati però si trovano di fronte a sconosciuti che lì hanno trovato rifugio. Un uomo con un fucile spara a Georges e lo uccide. Anna e i due figli si allontanano ma ben presto si rendono conto di non aver un posto dove andare. Altra gente si trova nelle loro stesse condizioni. Un terribile disastro ha sconvolto il Paese. Al posto delle città ci sono rifugi improvvisati dove gruppi numerosi di persone devono dare inizio ad una convivenza forzata. Acqua e cibo mancano quasi del tutto. Qualche rifornimento passa e si può comprare qualcosa facendo a cambio con oggetti personali che ognuno si vede costretto a vendere. Anche nel gruppo dove sono Anna e i figli sorgono incomprensioni, equivoci, accuse, sospetti. Una bambina muore, una ragazza si suicida. Un uomo vede Ben nudo davanti al fuoco di notte. Lo porta via. La mattina dopo un treno percorre una campagna vuota di essere umani ma piena di rinnovata armonia.
Valutazione Pastorale
Haneke, regista austriaco, predilige le situazioni estreme, va ad osservare l'uomo e la donna in quei momenti in cui la civiltà lascia il posto alla bestialità, comunicare vuol dire scontrarsi e il vivere viene sostituito dal sopravvivere. Ecco allora un futuro che forse non è tanto lontano: basta una guerra, una delle tante attualmente in corso, o un disastro di altro tipo, e le strutture sociali cedono, fragile baluardo contro il prevalere del peggio. Non ci sono vie di mezzo. Se tutto riparte da zero, bisogna riandare alle necessità primarie, bisogna recuperare l'idea dell' "homo homini lupus". Haneke distilla con studiata lentezza la propria desolante metafora. Abolita la colonna sonora, molti piani fissi, un'attenzione prevalente per il buio e per la notte. Non è ottimista sul futuro dell'umanità, eppure si fa molte domande. Come ci si fa giustizia?, come vanno usate la parole, la testimonianza, il potere delle armi ? Si può instaurare un dialogo con i morti (la figlia Eva scrive lettere al padre)? E' indubbio che il copione risenta di una scrittura un po' enigmatica, tutta cerebrale, molto autoriale, ma la sostanza dei temi c'é: dalla disperazione iniziale a quel conclusivo finestrino di treno che apre uno spiraglio sull'inizio di un nuovo ciclo vitale. Ostico e duro in partenza, il film merita poi attenzione per la capacità di proporre uno scenario al tempo stesso futuribile e probabile, lontano ma non tanto da essere ignorato, desolante epppure improntato alla comprensione. Per questi motivi il film, dal punto di vista pastorale, è da valutare come accettabile, problematico e adatto a dibattiti.
UTILIZZAZIONE: più che in programmazione ordinaria, il film si indirizza per occasioni mirate, nelle quali sia possibile avere elementi in più per 'leggerne' le motivazioni e seguirne il taglio stilistico. Attenzione per i minori in previsione di passaggi televisivi o di uso di VHS e DVD.