Orig.: Francia (1999) - Sogg. e scenegg.: Gilles Taurand, Raoul Ruiz - Fotogr.(Panoramica/a colori): Ricardo Aronovich - Mus.: Jorge Arriagada - Montagg.: Denise de Casabianca - Dur.: 158' - Produz.: Gemini Films (Francia), Blu Cinematografica (Italia).
Interpreti e ruoli
Catherine Deneuve (Odette), Emmanuelle Beart (Gilberte), Vincente Perez (Morel), John Malkovich (Charlus), Pascal Greggory (Saint Loup), Marcello Mazzarella (il narratore), Marie-France Pisier (M.me Verdurin), Chiara Mastroianni (Albertine), Arielle Dombasle (M.me de Farcy)
Soggetto
Parigi, 1922. Nel letto di casa, Marcel Proust, ormai malato in modo irreversibile, prende un gruppo di fotografie, comincia a guardarle e ricorda i momenti a cui ciascuna di esse é legata. Ma ben presto le persone della vita di tutti i giorni si mescolano con i personaggi della finzione. E la finzione a poco a poco prende il sopravvento sulla realtà. La vita di Marcel vive solo nella realtà dei protagonisti della sua opera letteraria, che lui incontra e con lui si aprono,rivelano se stessi, cercano di chiarire il proprio ruolo. Sfilano Gilberte con il marito Robert; la splendida Odette; Morel, disertore e ricercato; Charlus schivo nella sua omosessualità; le cene a casa dei Verdurin; Albertine, la fedele domestica. Intanto arriva la guerra. Alcuni, come Robert, partono con sincero entusiasmo ma non faranno ritorno. Inoltre, alternandosi con gli altri, appare anche Marcel da piccolo, tutto preso dalle seduzioni dell'infanzia. Quando la follia bellica finisce, tutto prova a tornare come prima. Ad una nuova, grande festa i presenti si avvicinano a turno a Marcel. Lui esce sulla terrazza dell'albergo, e scende sulla spiaggia. Un bambino lo precede nell'acqua, mentre una signora legge una pagina de "Il trionfo della morte" di Gabriele D'Annunzio.
Valutazione Pastorale
Marcel Proust (1871-1922) ha legato il proprio nome a "Alla ricerca del tempo perduto", una monumentale opera narrativa divisa in sei parti che è diventata il ritratto di un'epoca, l'affresco di un mondo, di una società, di una modo di vivere. Denso di implicazioni a metà tra il metaforico e lo psicanalitico, il corpus narrativo proustiano é stato per il cinema una scommessa continua. L'andamento stesso, affidato alla memoria e ad un continuo sovrapporsi dei piani temporali, era un sfida al concetto originario di cinema. Sfida finora persa per l'impossibilità di districarsi nel labirinto di personaggi, pensieri, fatti grandi e piccoli. Raoul Ruiz, regista cileno di formazione fortemente letteraria, riscrive tutto: Marcel da un lato, i personaggi creati e quelli autentici dall'altro. Film 'costruito', quindi, dilatato su 2h e 38', concepito come l'epopea della fine di un'epoca, l'elegia della scomparsa di un mondo (la nobiltà, l'alta borghesia, l'eleganza) non più in grado di sopravvivere a se stesso. Operazione difficilissima, immagini affidate a movimenti lenti che accarezzano interni ed esterni: lo stile é estetizzante, calligrafico, estenuato nella ricerca di una bellezza decadente e onnicomprensiva. Film aspro, eppure coraggioso: perché diventa la storia di un'anima tormentata, tra malattia e voglia di vivere, un diario spirituale dove prevale l'abitudine a centellinare i sentimenti, a dare ad ogni gesto valenze simboliche, anche con non celate morbosità ed esaperazioni. Affidandosi ad una sinfonia di parole e immagini, Ruiz scava nello sfacelo morale di un epoca, facendo emergere la commozione per il recupero di quel tempo felice che pure deve essere esistito. Dal punto di vista pastorale, il film, che certo non esclude qualche compiacimento, é da valutare come discutibile, e sicuramente complesso.
UTILIZZAZIONE: per il suo stesso svolgimento e per gli argomenti che affronta, il film si indirizza più opportunamente per occasioni mirate, come esempio articolato e suggestivo del rapporto cinema/letteratura.