Orig.: Italia (2003) - Sogg.: tratto dall'omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti - Scenegg.: Niccolò Ammaniti, Francesca Marciano - Fotogr.(Scope/a colori): Italo Petriccione - Mus.: Pepo Scherman, Ezio Bosso - Montagg.: Massimo Fiocchi - Dur.: 109' - Produz.: Maurizio Totti, Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimenz.
Interpreti e ruoli
Aitana Sanchez-Gijon (Anna), Dino Abbrescia (Pino), Diego Abatantuono (Sergio Materia), Giuseppe Cristiano (Michele), Mattia Di Pierro (Filippo), Giulia Matturro, Giorgio Careccia, Antonella Stefanucci
Soggetto
Estate 1978. In un paesino sperduto di campagna nel sud d'Italia, mentre la scuola è chiusa e gli adulti restano in casa per ripararsi dal caldo, un gruppo di ragazzini scorazza liberamente attraverso i campi di grano, tra sfide e scorribande. Mentre tornano a casa, uno del gruppo, Michele, dieci anni, fa una imprevedibile scoperta: dal buco di un pozzo vicino ad una casa abbandonata sente arrivare dei lamenti. Dopo aver guardato meglio, vede legato sul fondo un bambino sporco e assetato. Michele non dice niente ai genitori, il giorno dopo torna sul posto, portando acqua e pane. Il bambino si chiama Filippo, è vittima di un rapimento, anche lui ha dieci anni, anche lui frequenta la quinta elementare. Intanto a casa Michele sente il padre parlare con alcuni strani tipi sistematisi da loro: sono i sequestratori. Ora per Michele diventa difficile tenere il segreto. Così si confida con l'amico Salvatore, che però lo tradisce. E quando Michele aiuta Filippo ad uscire all'aperto, arriva uno della banda e scopre tutto. Michele giura al padre che non tornerà più in quel posto. Ma intanto il riscatto non arriva, i rischi aumentano, i banditi decidono di eliminare Filippo. Il compito tocca a Pino, padre di Michele. Nella notte Pino spara un colpo ma colpisce il figlio che ancora una volta si era affrettato ad aiutare il coetaneo. Pino tiene in braccio il figlio ferito. I banditi si arrendono all'arrivo delle forze dell'ordine. I due bambini si stringono la mano.
Valutazione Pastorale
Tratto dal romanzo omonimo di Niccolò Ammaniti che partecipando alla sceneggiatura ne ha condiviso novità e cambiamenti, il film rappresenta una ulteriore, convincente messa a fuoco da parte di Salvatores dei temi della crescita, dell'età evolutiva, della vita come maturazione anche di fronte alle difficoltà e al dolore. Dice il regista: "Racconto la perdita dell'infanzia. Un momento brutto ma necessario. E la scelta di tenere la m.d.p. a un metro e trenta era necessaria per ritrovare lo sguardo di un bambino che guida il film. Alla fine i perdenti sono gli adulti". L'infanzia dunque come momento della purezza. In un panorama rurale isolato e quasi straniato, dove però più forte è il contatto 'fisico' con gli elementi naturali, si snoda una vicenda carica di forte umanità, scandita dal battito dei contrasti (innocenza/cattiveria, realtà/finzione), dall'ansia della paura, dall'idea dell'avventura, forse del sogno, del brutto sogno. Recuperando il ricordo di una recente, sofferta stagione civile e sociale italiana (i sequestri, i rapimenti...), il copione diventa cronaca delle asprezze della quotidianità ma anche appello alle capacità di sollevarsi al di sopra del peggio, facendo ricorso alla propria forza interiore. Tributo d'onestà per il meridione, il film è di incalzante spessore psicologico e poetico, lancia un messaggio forte di riscatto e di ribellione nel coraggio, non escludendo accenni più profondi nel cammino dalle tenebre alla luce, nella condivisione del pane, nell'accenno all'angelo che porta salvezza. Per tutti questi motivi il film, dal punto di vista pastorale, é da valutare come raccomandabile, problematico e adatto a dibattiti.
UTILIZZAZIONE: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria e da recuperare in molte occasione, per gli argomenti interessanti e attuali che propone ( l'infanzia, la crescita, il rapporto bene/male...).