Sogg. e scenegg.: Spike Lee - Fotogr. (normale/a colori): Ernest Dickerson - Mus.: Stevie Wonder - Montagg.: Sam Pollard - Dur.: 126' - Produz.: Spike Lee.
Interpreti e ruoli
Wesley Snipes (Flipper Purify), Annabella Sciorra (Angie Tulli), Spike Lee (Cyrus), Ossie Davis (Reverendo Purify), Ruby Dee (Lucinda Purify), Samuel L.Jackson (Gator Purify), Lonette Mc Kee. (Drew Purify), John Turturro, Frank Vincent, Anthony Quinn, Veronica Webb.
Soggetto
Flipper Purify, un giovane e rampante architetto di colore, sposato felicemente ad una mulatta, Drew, e con una figlia che adora, ha una nuova segretaria, Angie Tulli, bianca, figlia di immigrati italiani, orfana di madre e praticamente costretta a far da serva al padre e a due fratelli. È fidanzata con Paulie Carbone, che vive col padre anziano e vedovo, un despota possessivo, autoritario ed egoista. Tra Flipper ed Angie nasce una "love story" quanto mai burrascosa, sia per l'aperta ostilità delle due famiglie e comunità di appartenenza, sia per le tensioni psicologiche che la situazione viene a poco a poco a creare tra i due. Mentre la moglie di Flipper caccia il marito platealmente, il padre di Angela la picchia brutalmente. I due affrontano via via diverse situazioni (in un ristorante frequentato da neri, o durante un controllo della polizia), dove i termini usuali del razzismo, ma non quest'ultimo, sembrano rovesciati. A ciò si aggiunge il dramma di Gator, fratello maggiore di Flipper, tossicodipendente sempre in cerca di denaro per procurarsi il micidiale crack, la droga dei poveri. Scioccato ma stimolato dalla nuova situazione, Flipper, che è andato ad abitare coi genitori, un ex pastore battista e una casalinga, decide di lasciare la ditta per cui lavora e mettersi in proprio, mentre Angie, che ha lasciato uno sconvolto ed incredulo Paulie, va a stare da un'amica. Flipper affitta addirittura un appartamentino nel Village, ma il menage è continuamente attraversato da folate di tensione o di razzismo esplicito o strisciante, fino all'inevitabile epilogo: Flipper confessa alla donna la sua incapacità a continuare ed i due si lasciano, con molta amarezza. Angie fa ritorno al quartiere ed alla famiglia d'origine, ma non ritrova Paulie, che è invece attratto da una bella ed intelligente ragazza di colore, Orin. Gator, in preda ad una crisi, mette a soqquadro la casa in cerca di soldi terrorizzando la madre finché il padre, esasperato, lo uccide con un colpo di rivoltella. Flipper torna ad incontrare la moglie, che ancora però non crede del tutto al suo ravvedimento.
Valutazione Pastorale
"Jungle Fever" è un film di fattura superba, certo una delle opere più ambiziose e impegnate di Spike Lee. Qui ci sono situazioni ambientali e gergali assai realistiche o crude, su cui svetta, grandiosa ed allucinante, quella di Flipper che cerca il fratello nella bolgia infernale dei drogati del "Tai Majal", locale dove i neri vanno a fumare il crack. Lee osserva con occhio acuto ed imparziale, con un'amara ironia ed un realismo, come nel suo stile, provocatorio ed altamente drammatico a un tempo, i mondi di due quartieri di New York, la Harlem nera vista al suo top, con le villette signorili di Striver's Row, ed il quartiere misto, ma dove predominano gli italiani di ceto medio, di Bensonhurst. Due poli che servono al regista per condensare tipi umani e contrasti razziali, caratteriali e generazionali che possano servire da spunto per un'esame dell'attuale situazione della vita sociale in una moderna metropoli. Accuratissimo nel descrivere ambienti e personaggi, da quelle graffianti pennellate del bar, gestito da Paulie, con le chiacchiere dei suoi avventori, alla conversazione non certo edificante, ma magistralmente condotta, delle amiche di Drew che si riuniscono per dibattere sul rapporto tra bianchi e neri e sul recente tradimento di Flipper. Per non parlare delle visite di Gator in famiglia per ottenere soldi dalla madre. Un cenno doveroso va alle belle musiche composte ed arrangiate da Stevie Wonder, con solisti di rango. Ottimi gli interpreti, uno Snipes più in forma che mai, una Sciorra molto credibile, ma soprattutto notevole l'apporto nei ruoli secondari di protagonisti, e non di comprimari, come un Davis, Quinn o un Turturro. Il discorso, che parte dal razzismo di fondo dell'uomo americano d'oggi, si dilata agli schemi familiari che per generazioni hanno disegnato ruoli e doveri nelle comunità d'origine dei protagonisti, e che in una società multirazziale da un lato sembrano anacronistici, e dall'altro conservano tuttavia un sapore tradizionale che la società attuale non sembra in grado di sostituire con modelli alternativi validi. Linguaggio, situazioni ed immagini suggeriscono certamente cautela nell'utilizzazione di questo film, che rimane comunque un valido test di discussione per un argomento di così scottante attualità, in un mondo che si avvia ad una miscelazione multirazziale sempre più importante anche in Europa.