Orig.: Francia/Israele/Italia (1999) - Sogg. e scenegg.: Amos Gitai, Marie José Sanselme - Fotogr.(Panoramica/a colori): Renato Berta - Mus.: brani di autori vari - Montagg.: Monica Coleman & Kobi Netanel - Dur.: 123' - Produz.: Laurent Truchot.
Soggetto
Nel 1973, nel pieno della guerra, due ragazzi israeliani in assetto da soldati percorrono a bordo di una Fiat zone dove regnano confusione e pericolo. Sono alla ricerca del reparto di riferimento, arrivano alla loro unità, non trovano nessuno e vanno via. Lungo la strada danno un passaggio ad un medico e con lui raggiungono l'Unità Salvataggio, dove è un corso una riunione: si stanno formando i gruppi che dovranno andare lungo i territori di guerra, e i due sono inquadrati in uno di questi gruppi. Raggiungono il luogo dei combattimenti, e qui uno dei due, Weinrob, vede in sogno loro stessi immobilizzati nel fango e impossibilitati a portare a termine i soccorsi. Entrano poi in azione, riescono a salvare alcuni feriti ma ad un certo ounto l'incalzare delle armi li costringe a salire sull'elicottero, e un soldato morto rimane a terra. Mentre sono sull'elicottero, scoppia una bomba. Il velivolo riesce infine ad arrivare alla base. Ricoverati tutti all'ospedale, Weinrob e il pilota dell'elicottero sono indirizzati ad una casa di riposo. E Weinrob ritrova la ragazza che aveva lasciato prima di mettersi a fare il soldato.
Valutazione Pastorale
Amos Gitai, il regista, era studente universitario nel 1973 durante la guerra del Kippur: riportando in primo piano quegli avvenimenti, vi fa confluire anche esperienze e ricordi personali, ma soprattutto se ne serve per parlare di una guerra senza far vedere la guerra stessa. L'assunto antibellico è infatti raccontato facendo ricorso alla parte nascosta dell'evento: non si vedono eserciti che combattono, non si parla di motivazioni, di strategie, di nemici da sconfiggere; si rimane nelle retrovie, in questo gruppetto di uomini che, mentre cercano di salvare gli altri, devono proteggere se stessi da colpi di fuoco di invisibile provenienza. Colori sgargianti dipinti sul rapporto tra uomo e donna segnano l'inizio e l'epilogo: a creare forte contrasto con il cromatismo della guerra, i terreni sconnessi, la polvere, il fango,tutto per dare il senso dell'angoscia, della tristezza, della disillusione. Pur adottando visivamente un taglio quasi documentaristico di bruciante realismo, Gitai non può rinunciare ad essere quello che é: un pacifista dai toni eccessivi (vedi l'altoparlante che gira per le strade della città), pronto a mettere in ridicolo la frangia di isrealiani esaltati bellici. E tuttavia, pur tra qualche scompenso, emerge la rappresentazione della guerra come fatica fisica, dramma umano anche intimista, con il conseguente desiderio di tornare alla vita e all'amore. Sono tutti motivi che, dal punto di vista pastorale, inducono a valutare il film come positivo, accettabile quindi sia pure con alcune riserve, comunque problematico e da riservare anche a dibattiti.
UTILIZZAZIONE: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria ma, più opportunamente, può servire come avvio a riflessioni sia su avvenimenti storici recenti e attuali (il conflitto israeliano-palestinese che sembra non avere fine) sia sulla guerra come momento di sconvolgimento dell'equilibrio individuale. Da proporre anche per studenti di scuole superiori.