LA BELLA SCONTROSA – “DIVERTIMENTO” *

Valutazione
Discutibile, Complesso
Tematica
Genere
Drammatico
Regia
Jacques Rivette
Durata
124'
Anno di uscita
1991
Nazionalità
Francia
Titolo Originale
LA BELLE NOISEUSE
Distribuzione
Columbia Tri Star Films Italia
Soggetto e Sceneggiatura
Pascal Bonitzer, Cristine Laurent, Jacques Rivette liberamente tratto da una novella di Honoré De Balzac
Musiche
Igor Strawinsky
Montaggio
Nicole Lubtchansky

Sogg.: liberamente tratto da una novella di Honoré De Balzac - Scenegg.: Pascal Bonitzer, Cristine Laurent, Jacques Rivette - Fotogr.: (mormale/a colori) William Lubtchansky - Mus.: Igor Strawinsky - Montagg.: Nicole Lubtchansky - Dur.: 124' - Produz.: Pierre Grise Productions, George Reinhart Productions

Interpreti e ruoli

Michel Piccoli (Frenhofer), Jane Birkin (Liz), Emanuelle Beart (Marianne), Marianne Denicourt (Julienne), David Bursztein (Nicolas), Gilles Arbona (Porbus), Marie Belluc (Magali), Marie-Claude Roger

Soggetto

l'ultimo quadro che il pittore sessantenne Frenhofer ha dipinto - senza peraltro terminarlo - risale a dieci anni prima. Da allora la passione coniugale per colei che aveva posato (sua moglie Liz) si è spenta, l'estro creativo sembra se non morto, almeno assopito: ma ora il Maestro vorrebbe portare l'opera a compimento. L'opportunità gliel'offre Balthazar Porbus, un mercante d'arte pronto a comprare, senza averla vista, l'opera: che a questo scopo gli presenta come possibile modella Marianne, accompagnando la bella ragazza (ed il suo giovane compagno Nicolas, pittore di buon avvenire) nella antica dimora situata nelle campagne del Sud della Francia. In un certo senso Nicolas, che ammira sinceramente il Maestro, gli "presta" Marianne (che protesta), ma Frenhofer accetta e tenta la prova. Le pose cominciano: il pittore sembra aver ritrovato la vena creatrice; Marianne, sempre nuda, ne è spossata, la moglie da parte sua è lieta che il coniuge si senta di nuovo ricco di idee. Poi la gelosia comincia ad allignare nella donna e nello stesso Nicolas, che va e viene da Parigi, mentre il mercante (che era stato prima di Frenhofer l'amante di Liz) prova un singolare piacere alla idea che la figura di "quel" quadro - a suo tempo battezzato qualcosa come "La bella scostante" - avrà ora un volto. Marianne, sulle prime un po' rigida, sollecita poco a poco l'impegno del Maestro, senza il minimo imbarazzo spogliandosi e posando per lui. Nulla accade tra i due. Finché il maestro sovrappone sulla tela ai tratti appena delineati del viso di Liz quelli di Marianne. La sua angoscia di artista è superata e vinta. Nessuno però dovrà vedere il quadro. L'attesa, i sentimenti, la vita saranno travolti dall'opera faticosamente compiuta e per i diritti stessi dell'Arte. E, mentre la giovane Marianne abbandona l'innamorato e se ne va, il Maestro prende mattoni e calce e mura il ritratto della "Bella" nel vano di una parete del suo studio. Balthazar comprerà un altro quadro (uno studio del dorso di Marianne accosciata, priva del capo), Liz sarà liberata dalla presenza di una giovane donna seducente e pericolosa: solo Marianne, insospettatamente maturatasi nella fatica, non potrà sottrarsi alla impressione di aver esibito in un gioco crudele la propria nudità e di essere la sola perdente.

Valutazione Pastorale

la cerebralità del film è tanta, quanto la sua staticità. Le pose di nudo occupano lo schermo per i due terzi di un'opera. È fin troppo facile - con premesse a constatazioni del genere - manifestare insofferenza, tuttavia si dà il caso che, malgrado le riserve, "La bella scontrosa" resti nel ricordo e induca a riflessioni postume. I diritti dell'Arte, il tormento creativo (doloroso quando l'estro appare assente o, peggio, spento), l'eterno enigma che la trasfigurazione in bellezza pone all'artista nella sua personale visione del rapporto realtà-idea, tutto questo nel lavoro di Rivette c'è ben chiaro. Il film è complesso, ma non indecifrabile. Passioni, sentimenti, interessi (il personaggio, qui un po' sacrificato, del mercante), sono assoggettati ad un travaglio di dissezione, che li rende paragonabili a fiori e felci conservati in un erbario. Oppure imbalsamati (è l'hobby che Liz coltiva con gli uccelli nella sua stanza-laboratorio, così come accade con la decisione del pittore, allorché mura la sua opera, per conservarne la bellezza, occultandola per sempre). È un gioco crudele fin che si vuole, pieno di attese penose, di sconforti, di improvvise accensioni e pentimenti innumerevoli (per l'uomo-artista), come di disagio e frustrazioni per i personaggi femminili (ambedue le donne ne escono insoddisfatte). Una sfida dura che esige una vittima, e il solo essere perdente è Marianne. Straordinario, poi, il fatto che la nudità di lei in posa - contorcimenti compresi - non trasformi mai lo spettatore in squallido voyeur. Non c'è mai impudicizia, né indecenza: nel rapporto stabilitosi fra Frenhofer e la modella, non c'è un solo cedimento, una allusione, un solo gesto equivoco. Lasciare per quasi due ore alla nudità l'innocenza è stata una vera impresa. La vittima è stata usata e totalmente strumentalizzata da colui che la esplora e ritrae a fini di pura bellezza (pochissime le parole nella furia della creazione), a quale implica la sofferenza più acuta, allorché la realtà fisica e l'idea sono divaricanti e la sublimazione resta inafferrabile. Un assunto così arduo, complesso anche sul piano umano, nonché una rappresentazione assai spesso al limite del didascalico, richiedono allo spettatore attenzione e pazienza. Le scene di posa sono per lo più silenziose; frequentemente non si vede che la mano dell'artista, che traccia, abbozza, cancella. Ma la lucidità, la geometria perfetta, la tensione umana di un processo creativo violento e liberatorio sono nel film apprezzabili. Fotografia, luci e colore hanno la loro parte di meriti. La musica è rappresentata da alcune pagine di Igor Strawinsky ("Agon"), agre ed essenziali anch'esse. Degli interpreti, infine, non v'è che da fare lodi, a cominciare da Piccoli, concentrato e perfetto nei gesti e nelle occhiate (soltanto grottesco in una scena in cui, a balzi da felino sul pavimento dello studio, inquadra le belle forme della modella). Ma anche Emmanuelle Béart è molto brava in questo ruolo, mentre eccellente appare la prova di Jane Birkin, in quello di Liz.

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