Sogg.: tratto dal romanzo di Bryce Courtenay - Scenegg.: Robert Mark Kamen - Fotogr.: (panoramica/a colori) Dean Semler - Mus.: Hans Zimmer - Montagg.: John G. Avildsen - Dur.: 127' - Produz.: Arnon Milchan
Interpreti e ruoli
Stefen Dorff (P.K.), Armin Mueller-Stahl (Doc), John Gielgud (St. John), Morgan Freeman (Geel Piet), Fay Masterson (Maria Elisabeth Marais), Simon Fenton (P.K. dodicenne), Guy Witcher (P.K. a sette anni), Daniel Craig, Alois Moyo, Ian Roberts, Marius Weyers
Soggetto
negli anni '30 P.K. chiamato con le sole iniziali, come il suo padre morto, è un bambino sudafricano, di discendenza inglese, che a 7 anni viene mandato in un collegio, gestito dagli afrikaner, perché la madre è gravemente malata, e la moria del bestiame l'ha resa povera. Il piccolo deve così lasciare la fattoria e coloro che ama: la mamma, la tata zulu (che lo ha allattato), e il figlio di lei, Tonderai, e, giunto in collegio, è subito odiato dai ragazzi afrikaner, perché è inglese. Lo perseguita specialmente il capo dei "grandi" Jaapie Botha, che lo picchia e lo umilia in ogni modo. Il bimbo, recatosi al funerale della madre, ritrova il coraggio con l'aiuto della buona tata, e viene mandato a vivere col nonno, suo unico parente, che però lo affida presto all'amico Doc, un anziano professore tedesco, il quale è stato un famoso pianista, e i cui parenti sono stati uccisi da Hitler. Doc si affeziona subito all'intelligente P.K., dal quale si fa aiutare a coltivare i cactus, mentre completa la sua istruzione. Allo scoppio della II guerra mondiale, Doc viene messo in prigione, perché tedesco, però è ben trattato: può ricevere P.K. quando vuole e gli viene anche portato il suo pianoforte. Perché diventi forte e coraggioso, Doc fa insegnare la boxe al bambino da un anziano carcerato nero, Geel Piet, affinchè ne faccia un pugile, che sappia difendersi anche da quelli più grandi di lui. Infatti il ragazzo diventa un campione, usando i colpi insegnatigli da Piet, che ora è suo amico, e gli fa scrivere lettere per gli altri carcerati neri, per i quali ha inventato su P.K. il mito del "mago della pioggia", in modo che tutte le tribù lo amano e cantano in suo onore. Intanto il cattivo sergente Bormann perseguita Piet, che cerca sempre di non farsi notare, lo bastona spesso, e gli fa perfino mangiare delle feci, per umiliarlo. Ma quello resiste. Intanto Doc sta per tornare in Germania, perché la geurra finisce. Prima della sua partenza, il comandante del campo gli fa tenere un concerto in onore del commissario inglese, e Piet lo convince a suonare con l'accompagnamento vocale dei neri, guidati da P.K. il quale poi cambierà, opportunamente, le parole che traduce agli inglesi. Ma, durante il concerto, Piet, trovato solo da Bormann, viene ucciso a bastonate da questi, però, prima di spirare, lo insulta: per qualche istante è stato un uomo libero. Ora P.K. frequenta la scuola superiore, diretta dal preside St. John, che lo stima, e gli fa ottenere una borsa di studio per Oxford. Intanto continua ad essere un campione di boxe e s'innamora, riamato, di una studentessa, Maria Elisabeth Marais, figlia di un professore, che sostiene l'apartheid, ed è subito ostile al giovane. Ma la ragazza continua a vedere di nascosto l'innamorato, anche nella palestra di un afrikaner, che vi fa svolgere incontri misti fra bianchi e neri. Così P.K. conosce un giovane campione nero, Gideon Duma, che egli sconfigge, ma che diventa suo grande amico. Intanto Marais fa sorvegliare P.K. dalla polizia. Il giovane conduce Maria a vedere qual'è la vita della popolazione di colore nel quartiere nero della città, chiamato "Alexandria", e la ragazza ne resta inorridita, tanto che, dimenticando ogni frivolezza, vuol dedicarsi ad insegnare ai neri a leggere e a scrivere, come fa Myriam, la fidanzata di Gideon. Ma gli inglesi vietano questo insegnamento perfino in una chiesa, dove avviene uno scontro violento nel quale Maria resta uccisa. Dopo il funerale dell'amata, P.K., deciso ormai a seguire solo la propria coscienza, rinuncia a Oxford e parte con Gideon per Pretoria, dove intende dedicarsi all'integrazione fra le popolazioni sudafricane.
Valutazione Pastorale
questo film americano del regista John G. Avildsen è realizzato abilmente, e si basa sul tema scottante dell'apartheid nel Sudafrica: nella prima parte ha momenti originali, descritti con finezza, mentre nella seconda il lavoro cala di tono, diventando piuttosto convenzionale. Nel suo complesso quest'opera che presenta situazioni esasperate in seno alle diverse etnie in lotta è lodevole per il messaggio in difesa di ogni razza e nel rispetto di ogni uomo. I temi del film toccano molti lavori importanti e pongono dei problemi morali, il che rende consigliabile un dibattito fra il pubblico, anche per chiarire la parte storica della vicenda.