La misura del dubbio

Valutazione
Consigliabile, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Abusi sui minori, Alcolismo, Amicizia, Cronaca, Famiglia, Famiglia - genitori figli, Giustizia, Matrimonio - coppia
Genere
Dramma giudiziario
Regia
Daniel Auteuil
Durata
105'
Anno di uscita
2024
Nazionalità
Francia
Titolo Originale
Le fil
Distribuzione
Studiocanal (Ex-Orange Studio)
Soggetto e Sceneggiatura
Steven Mitz E Daniel Auteuil , ispirato alla vicenda narrata sul blog dell’avvocato penalista oggi scomparso Jean Yves Moyart, che firmava con lo pseudonimo di Maître Mô.
Fotografia
Jean-François Hensgens
Musiche
Gaspar Claus
Montaggio
Valérie Deseine
Produzione
Hugo Gélin e Nelly Auteuil, Zazi Films in coproduzione con Zack Films, France 2 Cinéma e Zinc con il sostegno di Canal+, la Région Provence-Alpes-Côte D’azur e Il Centre National Du Cinéma Et De L’image Animée, con la partecipazione di Ciné+, in associazione con Cinémage 12 Et Indéfilms 12, con la partecipazione di Canal+, Ciné+ Et France Télévisions, in associazione con Cofinova 19, Cinémage 17, Sg Image 2021

Interpreti e ruoli

Daniel Auteuil (Avvocato Jaen Monier), Grégory Gadebois (Nicolas Milik), Sidse Babett Knudsen (Avvocato Annie Debret), Alice Belaidi (Sostituto Procuratore Generale Adèle Houri), Suliane Brahim (Avvocato Judith Goma), Gaëtan Roussel (Roger Marton), Isabelle Candelier (Presidente Violette Mangin), Florence Janas (Laure Marton), Aurore Auteuil. (Audrey Girard)

Soggetto

Sud della Francia, oggi. Jean Monier è un avvocato che, dopo aver fatto assolvere un assassino, ha deciso di non accettare più casi di giustizia penale. Una sera, per fare un piacere alla ex moglie, anche lei avvocato, accetta momentaneamente la difesa d’ufficio di Nicolas Milik, accusato di aver ucciso la moglie. Convinto della sua innocenza Moiner farà di tutto per fargli vincere il processo in Corte d'assise.

Valutazione Pastorale

Daniel Auteuil dirige, interpreta e scrive, con Steven Mitz, “La misura del dubbio”, un legal drama che molto deve al maestro del brivido, Alfred Hitchcock (il riferimento più evidente è “Il caso Paradine”, 1947), ma anche al recente “Anatomia di una caduta” di Justine Triet (produzione francese Palma d’Oro a Cannes76 e Oscar 2024 per la miglior sceneggiatura). La vicenda si rifà a quella narrata sul blog dell’avvocato penalista oggi scomparso Jean Yves Moyart, che firmava con lo pseudonimo di Maître Mô. La storia. Sud della Francia, oggi. Jean Monier è un avvocato che, dopo aver fatto assolvere un assassino, ha deciso di non accettare più casi di giustizia penale. Una sera, per fare un piacere alla ex moglie, anche lei avvocato, accetta momentaneamente la difesa d’ufficio di Nicolas Milik (Grégory Gadebois), accusato di aver ucciso la moglie con la complicità del suo amico Roger Marton (Gaëtan Roussel). L’uomo è un “gigante” dall’aria sperduta, che non sembra neppure rendersi pienamente conto di quello che gli sta succedendo: giura di non aver mai voluto far del male alla moglie, una donna dedita all’alcool che si disinteressa completamente dei loro figli, di cui si occupa solo Milik. Convinto sempre più della sua innocenza Monier, si rimette pienamente in gioco e farà di tutto per farlo assolvere. Auteuil dirige con mano sicura – e interpreta con maestria – un film giocato sui flashback, un “espediente” ormai divenuto un “classico” della narrazione cinematografica. In un arco temporale di sei anni, si comincia in Corte d’assise e poi si va indietro, al momento dell’arresto; si torna quindi in aula con gli interrogatori e poi ai lunghi mesi in carcere, tra un colloquio e l’altro, e di nuovo in tribunale con le arringhe di accusa e difesa, per approdare al verdetto, sorprendente eppure in qualche modo atteso, come una sorta di “liberazione”. In un crescendo di tensione e coinvolgimento, forti di una sceneggiatura serrata e impeccabile, Auteuil e il cast tutto agganciano lo spettatore che si trova, quasi senza rendersene conto, a ondeggiare continuamente tra i due poli: colpevole o innocente. E se le protagoniste dei citati film di Hitchcock e Triet hanno in comune un atteggiamento distaccato, sono due donne “algide” che non mirano a suscitare empatia nel pubblico, tenendolo però saldamente agganciato al filo del ragionamento, il personaggio di Malik sembra cesellato da Grégory Gadebois proprio per suscitarne il coinvolgimento emotivo. “Il caso Malik – sottolinea il regista – ha tutte le caratteristiche del crimine ordinario, come sfortunatamente se ne contano tanti ogni giorno. E nel film, racconto come gli elementi di un processo sono in fondo di una banalità estrema e come le giurie condannino o assolvano basandosi su poche certezze reali”. E poi, quando il film finisce, con un imprevedibile salto in avanti nel tempo, si resta davvero con l’amaro in bocca, per una storia vera purtroppo di agghiacciante attualità. “La misura del dubbio” è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte altre occasioni. Per i temi in campo il film richiede un pubblico adulto e di adolescenti accompagnati.

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