Orig.: Austria/Francia (2001) - Sogg.: tratto dal romanzo omonimo di Elfriede Jelinek - Scenegg.: Michael Haneke - Fotogr.(Panoramica/a colori): Christian Berger - Mus.: brani vari di musica classica - Montagg.: Monika Willi, Nadine Muse - Dur.: 125' - Produz.: Veit Heiduschka - VIETATO AI MINORI DI 14 ANNI.
Interpreti e ruoli
Isabelle Huppert (Erika Kohut), Benoit Magimel (Walter Klemmer), Annie Girardot (la madre di Erika), Anna Sigalevitch (Anna Schober), Susanne Lothar (signora Schober), ( madre di Anna)
Soggetto
A Vienna oggi, Erika, donna matura, insegna al Conservatorio e dà lezioni private di pianoforte. A casa vive con la mamma, tra loro le liti sono frequenti e non mancano reciproci gesti violenti. Ad un concerto in una casa privata, Erika è avvicinata da Walter, giovane fascinoso e dall'aspetto intellettuale. Erika la sera, quando finisce il lavoro, va nei club dove si guardano video hard, oppure, quando fa notte, si reca nei drive-in, dove spia le coppie appartate in macchina. Walter intanto la vede di nuovo e le dice che vuole frequentare le sue lezioni. Erika si ritrae, si mostra dura e scostante. Finchè un giorno, nel bagno del Conservatorio, lui la bacia e le dice 'ti amo'. Lei replica: 'io non ho sentimenti, e anche per un giorno non prevarranno sulla mia intelligenza'. Di fatto Erika vuole essere padrona di quel rapporto nascente. Così sfida Walter, inviandogli una lettera in cui detta le condizioni per i loro incontri. Il ragazzo si ribella e una sera entra in casa di lei, chiude la mamma in una stanza, affronta Erika e la picchia con decisione. Erika rimane sanguinante a terra. Il giorno dopo, al concerto, i due si incontrano. Lui la saluta e scappa con gli altri. Lei si ferisce con un coltello, e poi esce dal teatro.
Valutazione Pastorale
Il film appare troppo compiaciuto nel descrivere la discesa verso l'abiezione del personaggio programmaticamente sgradevole di Erika, benissimo interpretato da Isabelle Huppert (giustamente premiata a Cannes 2001). Siamo di fronte, con tutta evidenza, al ritratto tragico e al tempo stesso algido di una donna emotivamente disturbata e sessualmente confusa, con di più un rapporto irrisolto con una ingombrante figura materna. E quando una dichiarazione d'amore viene a turbare l'apparente 'normalità' di una situazione 'anormale', la protagonista entra in una spirale che la porta alla follia. Il tema è forte, preciso, circostanziato. Nello svolgerlo, il regista austriaco non riesce a rinunciare alla ricerca del facile effetto e si lascia andare ad una rappresentazione della degradazione dei corpi e della psiche sempre più provocatoria, spacciandola per coraggio d'autore e per colpire meglio il pubblico. Su questo versante l'operazione si rivela perciò troppo 'meccanica', quasi il risultato di una contabilità dei momenti choc, sfiorando il ridicolo e girando in qualche passaggio a vuoto su personaggi involuti. A differenza però del sadismo fine a se stesso di "Fanny games", qui, al di là delle provocazioni, restano certi tratti di dolore e di sofferenza della protagonista che toccano accenti di autenticità, e la capacità di andare a fondo di lacerazioni psicologiche ed esistenziali più ampie. E si vuole aggiungere che il tema è così importante da risultare quasi sprecato, perchè sottoposto a troppi momenti che danno pugni nello stomaco e magari impediscono una riflessione più seria. Proprio la presenza di questi aspetti significativi suggerisce, dal punto di vista pastorale, la valutazione del discutibile, evidenziando il tono scabroso di tutto il racconto.
UTILIZZAZIONE: va detto con chiarezza che il film non si consiglia per una programmazione ordinaria. La valutazione del discutibile è finalizzata alla possibilità di visionare il film in occasioni mirate e ristrette, a giudizio dei responsabili, per trarne le suggestioni utili ad una riflessione sul malessere contemporaneo.