Orig.: Italia (2000) - Sogg. e scenegg.: Franco Angeli e Francesco Salvi - Fotogr.(Panoramica/a colori): Marcello Montarsi - Mus.: Stefano Arnaldi - Montagg.: Roberto Missiroli - Dur.: 104' - Produz.: Paola Ermini.
Interpreti e ruoli
Francesco Salvi (Mario Gibellini), Livia Bonifazi (Teresa), Nestor Garay (Denti), Nando Gazzolo (Alfredo Chiodi), Pasquale Anselmo (Cimboli), Flavio Insinna (Bolognesi), Giorgio Locuratolo, Franco Di Francescantonio.
Soggetto
Mario Gibvellini, da considerare ormai un ex pugile, esce di galera dopo due anni e si ritrova davanti la vita di sempre: il bar con gli amici, i piccoli lavori al limite della legalità, la moglie Teresa e la figlioletta. Il pensiero fisso di Mario è tuttavia quello di tornare sul ring, e lo dice a Denti, il suo losco procuratore. Questi lo accontenta, Mario vince alcuni incontri, che però poi capisce essere stati truccati. Depresso, inveisce contro la moglie che è incinta e decide di lasciarlo. Mario ormai deve fare i lavori che Denti gli ordina, insieme all'amico Franchino: estorsioni, raccolta di ricevute clandestine, rapine. Arrivato su di lui un mandato di cattura, Mario, su consiglio di Denti, si costituisce e torna in carcere. Quando esce, si imbatte in un avvocato di pochi scrupoli, che gli propone di organizzargli un incontro in cambio di informazioni sull'attività di Denti. Mario accetta e quando Franchino gli rimprovera il tradimento, in un impeto di rabbia lo picchia fino ad ucciderlo. Va da Teresa che lo supplica di rinunciare, ma lui non sente ragioni. Eccolo sul ring contro un giovane avversario. Con ardore, Mario lo mette all'angolo ma poi vede Teresa e rinuncia a vincere. Scende dal ring e si consegna al carabiniere vicino.
Valutazione Pastorale
Una città nebbiosa, periferica, quasi fantasma, calata in uno straniante senso di abbandono (potrebbe essere Milano?) fa da cornice alla parabola umana di un poveraccio qualsiasi, un perdente che vive la propria ossessione per il ring come l'unico momento di affermazione di se stesso, di dimostrazione di 'essere vivo'. Il mondo della boxe minore, un microcosmo di piccolo cabotaggio dal quale non si esce mai, é descritto con uno stile dimesso che colpisce per il suo coraggio espressivo: il taglio è cronachistico, essenziale, privo di sociologismi o di facili moralismi. Prevale l'osservazione, acuta e approfondita, del protagonista Mario, un ingenuo 'stupido', vittima della pseudofurbizia altrui, uno degli 'ultimi' su cui si riversano anche le colpe degli altri. Scandito da capitoletti come i round di un incontro, il racconto ha pagine toccanti tra realismo e dramma, diventa spaccato doloroso perchè autentico. Il gesto finale è recupero di dignità da parte di un uomo violentato e deriso da tutti. Il film dunque riesce a parlare con semplicità di cose importanti, di vita quotidiana, di affetti, di sentimenti, della difficoltà di esprimersi e, dal punto di vista pastorale, è da valutare come accettabile, e nell'insieme realistico. Le riserve sono aggiunte per segnalare qualche passaggio un po' forte e meno controllato, forse anche fuori dal contesto misurato dell'insieme.
UTILIZZAZIONE: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, e da recuperare come proposta di opera italiana insolita e concreta, su personaggi e ambienti poco utilizzati dal nostro cinema. Attenzione per i minori in occasione di passaggi televisivi.