Sogg.: liberamente ispirato all'opera di Roger Auque - Scenegg.: Maroun Bagdadi, Dider Decoin, Elias Khoury - Fotogr.: (panoramica/a colori) Patrick Blossier - Mus.: Nicola Piovani - Montagg.: Luc Barnier - Dur.: 94' - Co-Produz.: Galatée Films, Films Az, Paris; Filmalpha, Roma
Interpreti e ruoli
Hyppolite Girardot (Patrick Perrault), Rafic Ali Ahmad (Walid), Hussein Sbeity (Omar), Habib Hammound (Philippe), Magdi Machmouchi (Moustapha), Nabila Masrallahi (De Niro), Hassan Farhat (Frankestein), Hassan Zbib, Nabila Zeitouni, Sami Hawat, Sabrina Leurquin, Roger Assaf
Soggetto
il fotoreporter francese Patrick Perrault, mentre sta svolgendo il suo pericoloso lavoro durante la guerra nel Libano, viene catturato a Beirut in piena strada nel corso di una sparatoria. Egli ignora chi lo ha fatto sequestrare e perché, di quale fazione è vittima e chi sono i suoi rapitori. Con gli occhi quasi sempre bendati, impaurito, schernito ed umiliato, egli passa da una prigione all'altra, da un'aula scolastica abbandonata ad una latrina o ad una cella ricavata in un edificio popolare, mentre le bombe cadono sulla città martoriata. Gli viene detto dai suoi custodi che deve pazientare fino allo scambio con un arabo prigioniero a Parigi. Patrick si protesta innocente; rivendica il proprio ruolo di giornalista; ha paura; subisce insulti e disprezzo; tenta anche di evadere ma, minacciato di morte, finisce con l'essere incatenato. Al limite ormai della resistenza e della speranza, un giorno viene travestito da donna per poi essere infine liberato su di una spiaggia, non lontano dal proprio albergo.
Valutazione Pastorale
ispirato ad un libro di Roger Auque il film fa piombare lo spettatore in un clima di angoscia e paura, per l'ignoranza della vittima del sequestro sul perché di tutto ciò che è costretto a subire. Il film del libanese Maroun Bagdadi si dilunga un po', ma l'atmosfera di pressione psicologica e di terrore sono rese con notazioni acute ed efficaci. Gli scontri armati delle varie fazioni, nel travolgere anche piccoli personaggi assolutamente innocenti, vessati ed umiliati fino al cedimento della volontà e della resistenza, rammentano la totale assurdità di ogni guerra. Al quadro non manca qualche raro lampo di umanità, uno spiraglio o gesto da parte di questo o quel combattente chiamato a far da carceriere, che alterna crudeltà raffinate a improvvise tolleranze verso il fotoreporter, fino alla improvvisa e inaspettata liberazione. Malgrado l'inevitabile monotonia delle singole fasi del sequestro, il film appare più che verosimile, è coraggioso e trova in Hippolyte Girardot e in un gruppo di attori arabi degli interpreti di resa sicura. La colonna sonora è di Nicola Piovani al quale si deve una partitura intensa, di alta cifra drammatica.