Orig.: Francia (2013) - Sogg. e scenegg.: Alain Guiraudie - Fotogr.(Panoramica/a colori): Claire Mathon - Montagg.: Jean Christophe Hym - Dur.: 97' - Produz.: Région PACA, Soficinéma et Cinémage, CNC, Arte France Cinéma, M141, Films de Force Majeure.
Interpreti e ruoli
Pierre Deladonchamps (Franck), Christophe Paou (Michel), Patrick D’assumçao (Henry), Jérome Chappatte (ispettore di polizia), Mathieu Vervisch (Eric), Gilbert Traina (uomo del martedì sera), Emmanuel Daumas (Philippe), Sébastien Badachaoui (ragazzo di Eric), Gilles Guérin (etero), Francois Labarthe . (Pascal Ramière)
Soggetto
Francia, oggi. La riva di un lago, d'estate, è il punto d'incontro della comunità gay in cerca di sesso occasionale. Tra i frequentatori più assidui c'è il giovane Franck che presto si innamora dell'uomo più ambito della spiaggia, Michel. Anche quando scopre che Michael nasconde un grave segreto, Franck sceglie di affrontare il pericolo e vivere la sua passione fino in fondo...
Valutazione Pastorale
Dice il regista: "Con questo film volevo raccontare cosa significa l'ossessione amorosa e fino a che punto può arrivare. (...) L'amore e la passione possono essere sentimenti edificanti, ma hanno una natura principalmente sessuale. L'obiettivo era di affrontare questo contrasto creando delle sequenze in cui l'emozione dell'amore si combinasse con l'oscenità del sesso, senza tenere la nobiltà dei sentimenti da una parte e le funzioni triviali degli organi sessuali dall'altra". Tutto, o quasi, è dichiarato in queste frasi. Le scintille dell'incontro/scontro tra amore e sessualità non sono certo una novità al cinema, per cui sembra che altro non resti all'autore se non mettere in scena a briglia sciolta i 'liberi' rapporti tra uomini visti nei momenti più intimi e rilassati. Arrendendosi, si può dire, alla gabbia estetica e linguistica del 'far vedere', laddove l'intenzione di esprimere disagi, dubbi, problematiche richiederebbe senso di misura, approccio calibrato, e una leggerezza narrativa pari alla (ignorata) capacità di rispetto visivo per accompagnare, nche in modi provocatori, la partecipazione dello spettatore. Il paradosso è infatti che non si può negare al racconto di sapersi muovere lungo percorsi di forte, scavata, intrigante inquietudine. La venatura thriller insinua nello scenario incontaminato del lago sensazioni di stasi esistenziale, di carenze di equilibri, quasi metafora di un piccolo mondo sull'orlo della
crisi. Ma appunto di fronte a questa mancata possibilità di disegnare in modo coerente un ritratto di individui prigionieri senza trionfalismi di passioni innominabili, risalta di più la negatività del regista che da un lato parla di 'oscenità del sesso' e poi fa di tutto per declassare l'oscenità a normalità, di modi e di comportamenti. Un'operazione forse fin troppo facile, ambigua e deprimente, per un film che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come sconsigliato-non utilizzabile e del tutto scabroso.
Utilizzazione
è da evitare in programmazione ordinaria e anche in altre occasioni mirate: il livello di esibizione rende difficile utilizzarlo anche per dibattiti.