Orig.: Italia (1999) - Sogg.: liberamente tratto dal racconto 'Il gigante' dal libro 'La Grande Eulalia' di Paola Capriolo - Scenegg.: Roberto Petrocchi, Riccardo De Luca - Fotogr.(Panoramica/a colori): Camillo Bazzoni . Mus.: Andrea Morricone - Montagg.: Paolo Benassi - Dur.: 102' - Produz.: Cinema & Società S.c.a.r.l.
Interpreti e ruoli
Margerita Buy (Adele), Arnaud Arbessier (capitano Eugenio), Marisa Solinas (Angelica), Nicolò Rapisarda (Ottaviano), Fausto Biefeni Olevano (Gaspare), Anna Testa (Teresa), Franco Fantasia (medico), Giuseppe Miele . (sergente)
Soggetto
Nord Europa, fine '800. In una sperduta località si erge su un colle un'inespugnabile fortezza dove é rinchiuso un solo prigioniero, e destinata ad essere rasa al suolo alla morte dell'uomo che nessuno da anni avvicina. Alla fortezza arriva Eugenio, il nuovo capitano della guarnigione, insieme alla moglie Adele e al figlioletto Ottaviano. Adele, giovane donna di estrazione borghese, ama suonare il pianoforte. Un giorno si sente una melodia di violino: arriva dalla cella del prigioniero,é lui a suonare con insospettata sensibilità. Ben presto in Adele qualcosa cambia in modo repentino ed irreversibile. La donna é infatti catturata da quella musica e, rispondendo con il suo pianoforte alla melodia del violino, partecipa al ridestato rapporto tra il prigioniero e il mondo esterno. Questo strano duetto a distanza finisce per sconvolgere il piccolo Ottavio, che vede la mamma assente, e anche il capitano che scopre di essere a sua volta un tipo solitario e poco socievole. Adele si ammala gravemente. Il dottore non può intervenire con alcuna cura. Adele si è consumata lentamente nel suo progressivo isolamento e muore. Eugenio a questo punto fa aprire la cella: anche il prigioniero é morto. Come prescritto, il giorno dopo la fortezza viene fatta saltare. Al momento della partenza, il capitano scrive al proprio comandante: "Mi chiedo se ci sia per noi una vita là fuori".
Valutazione Pastorale
Il punto di partenza é il racconto "Il gigante", inserito nel libro "La grande Eulalia" di Paola Capriolo. Chi ha letto qualcosa di questa scrittrice milanese sa che la sua narrativa si svolge costantemente all'insegna di un 'doppio regno': "Solo nel doppio regno le voci si fanno eterne e dolci", é un verso del poeta tedesco Rilke, al quale l'autrice é molto legata. I suoi racconti sono nutriti da una forte cultura filosofico-letteraria, che parte dalla volontà di conoscere realtà nascoste e poi finisce con l'arrendersi all'inconoscibile. C'è molto romanticismo nel modo con cui sono affrontati i temi della passione, del dovere, della bellezza che provoca dolore, della prigione come condizione umana, del viaggio verso nessun luogo perché non ci sono mete conosciute da raggiungere. La pagina scritta ha andamento arcano, scavato, suggestivo. Il regista ha provato a tradurla in immagini, ma l'impresa era sinceramente proibitiva. Ci sono molte simbologie, resta evidente il senso della metafora esistenziale, ma il film sconta l'oggettiva difficoltà di dover descrivere solo sensazioni,o fatti che non esistono. L'operazione tuttavia é coraggiosa e degna di nota. Dal punto di vista pastorale, l'insieme delle psicolgie dei personaggi principali esprime comunque il bisogno di una riflessione autentica, e il film é da valutare come accettabile, e senz'altro complesso nello svolgimento generale.
UTILIZZAZIONE: più che in programmazione ordinaria, il film può essere utilizzato, e apprezzato, in occasioni mirate, nel suo rapporto con il testo letterario, e nell'ottica di una adeguata ricerca di linguaggio figurativo.