Orig.: Italia/Francia (2018) - Sogg.: Paolo Sorrentino - Scenegg.: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello - Fotogr.(Scope/a col.): Luca Bigazzi - Mus.: Lele Marchitelli - Montagg.: Cristiano Travaglioli - Dur.: 100' - Produz.: Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori, Viola Prestieri per Indigo Film in collaborazione con Pathè.
Interpreti e ruoli
Toni Servillo (Silvio Berlusconi/Ennio), Elena Sofia Ricci (Veronica Lario), Riccardo Scamarcio (Sergio Morra), Kasia Smutniak (Kira), Euridice Axen (Tamara), Fabrizio Bentivoglio (Santino Recchia), Roberto De Francesco (Fabrizio Sala), Dario Cantarelli (Paolo Spagnolo), Anna Bonaiuto (Cupa Caiafa), Giovanni Esposito (Mariano), Ugo Pagliai (Mike Bongiorno), Ricky Memphis (Riccardo Pasta), Lorenzo Gioielli (senatore Valori), Alice Pagani (Stella), Caroline Tillette (Violetta Saba), Mattia Sbragia (Fedele), Max Tortora (Martino), Milvia Marigliano (signora Parisi), Roberto Herlitzka (Crepuscolo)
Soggetto
Prosegue la narrazione dei fatti accaduti in Italia tra il 2006 e il 2010, tutti ruotanti attorno alla figura di Silvio Berlusconi...
Valutazione Pastorale
Quasi tutta la seconda parte del dittico firmato da Paolo Sorrentino si volge nella villa di proprietà di Silvio Berlusconi situata in una splendida posizione in Sardegna. Qui, mentre si muovono le vicende politico-istituzionali del biennio 2008-2010, il nucleo centrale del racconto è occupato dalle vicende matrimoniali tra Silvio e sua moglie Veronica. E' forse qui che si gioca una partita ben più pregnante di quella raccontata da giornali e mass-media. Mentre Veronica compie un viaggio in Cambogia, Silvio ne approfitta per(far) organizzare nella sua villa una mega festa affollata da un numero spropositato di ragazze. Si scatena un clima di allegria incontrollata che sfocia nell'euforia, sintomi però di una cocente delusione, che prelude alla fine delle illusioni. Mentre il divertimento prosciuga ogni reazione, ecco che allo stordimento si sostituisce il patetismo. Così dice di sentirsi Stella, la ragazza che si trova in un camera della villa con il Presidente: patetica, dice proprio. E' il punto in cui il film, riuscendo ad un unire il volto del politico e quello dell'uomo, ne costruisce un disegno che sfiora con forza la realtà. Eccolo allora, il vero: la convinzione di onnipotenza ha finito per frantumarsi sopra le illusioni di una costruzione fragile e debole. L' "uomo" rovina su se stesso e sprofonda nel vuoto assoluto. Qui Sorrentino riesce ad esaltare al meglio una materia fin troppo vischiosa e corrotta, facendone punto di partenza per una sconfitta amara e di ben poca esaltazione. Il regista trasmette quasi con un filo di emozione lo stillicidio di dolore che trasuda da azioni e gesti inerti di fronte alla solitudine annunciata. Non c'è aria di resa dei conti, c'è semmai la fotografia di una umanità prostrata, vittima della propria superbia che si aggrappa ad un'ultima reazione di fronte al crollo imminente. E che forse trova una scatto di reazione nella suggestiva sequenza finale: la m.d.p, corre davanti agli uomini della protezione civile seduti tra le macerie dell'Aquila. Uno sussulto di 'pietas' che può rimettere tutto in piedi, ripartendo da zero, o quasi. Alla fine delle due parti, si può dire che la seconda ha più forza espressiva della prima, trasmette maggiore comprensione e fa vedere un male endemico, più profondo di quanto non appaia. Se dentro le pieghe dello sviluppo narrativo restano passaggi segnati da eccessi e da momenti sopra le righe, vanno ricondotti alle modalità di svolgimento e alla intenzione del regista di non essere banale né fuorviante. Dal punto di vista pastorale, il film, nell'insieme, è da valutare come complesso, problematico e da affidare a dibattiti.
Utilizzazione
Un film di Sorrentino non può prescindere dall'osservare i forti dispositivi adottati nella narrazione. Qui lo sguardo del regista è talvolta così intenso da restituire dignità e senso ai personaggi messi in campo: un film corale con primi personaggi e altri di contorno, una tragedia che lascia sul terreno molti colpevoli e pochi innocenti. Un prova di bella autorialità e non fine a se stessa.