Orig.: Italia (2015) - Sogg.: liberamante ispirato al "Decameron" di Giovanni Boccaccio in edizione BUR - Scenegg.: Paolo e Vittorio Taviani - Fotogr.(Panoramica/a colori): Simone Zampagni - Mus.: Giuliano Taviani e Carmelo Travia - Montagg.: Roberto Perpignani - Dur.: 120' - Produz.: Donatella Palermo e Luigi Musini per Stemal Entertainment, Cinemaundici e Barbary Films.
Interpreti e ruoli
I PROTAGONISTI DELLE CINQUE NOVELLE: Vittoria Puccini (Catalina), Riccardo Scamarcio (Gentile Carisendi), Kim Rossi Stuart (Calandrino), Lello Arena (Duca Tancredi), Michele Riondino (Guiscardo), Kasia Smutniak (Ghismunda), Paola Cortellesi (Badessa Usimbalda), Carolina Crescentini (Isabetta), Jasmine Trinca (Giovanna), Josafat Vagni . I NOVELLATORI: Melissa Bartolini (Federico degli Aberighi), Eugenia Costantini (Elissa), Moisé Curia (Neifile), Miriam Dalmazio. (Panfilo), Camilla Diana (Fiammetta), Fabrizio Falco (Lauretta), Ilaria Giachi (Dioneo), Barbara Giordano (Emilia), Rosabell Laurenti Sellers . ALTRI INTERPRETI: Sergio Albelli (Pampinea), Riccardo Bocci (Filomena), Niccolò Calvagna (padre di Lauretta), Beatrice Fedi (Ricciardo), Silvia Frasson (Rinuccio), Lino Guanciale (Elisabetta), Matilde Piana (Tessa)
Soggetto
Firenze 1348, nel tempo della peste. Di fronte ad uno scenario in sfacelo, dieci giovani (sette ragazze e tre ragazzi) decidono di rifugiarsi in campagna e impiegare il tempo, raccontandosi delle brevi storie. Protagonista l'amore, nelle sue innumerevoli sfumature. Ecco cinque vicende con protagonisti: Gentile Carisendi e Catalina; l'ingenuo Calandrino che crede di essere invisibile; il Duca Tancredi, la sua sfortunata figlia Ghismunda e il suo amante Guiscardo; la Badessa Usimbalda; Federico degli Alberighi, il suo amato falcone, la bella Giovanna e il suo figlioletto Rinuccio.
Valutazione Pastorale
Per la fervida capacità descrittiva, per il taglio da affresco storico, per la sapienza di proporsi come sintesi del variegato, sfaccettato mondo dell'immaginario del secolo XIV° in Europa (tra scrittura, pittura, filosofia...), il Decameron resta un punto fermo della cultura del nostro continente. Giovanni Boccaccio (Certaldo 1313-1375) vi racconta cento novelle, i fratelli Taviani ne scelgono cinque. Poche? Forse, "ma non diciamo quali -dicono i Taviani- il pubblico deve entrare in sala e abbandonarsi al piacere della scoperta". "Del resto -aggiungono- amiamo le opere a cui ci ispiriamo, ma le consideriamo soggetti per parlare di noi: angosce e desideri. Boccaccio ci ha prestato le sue novelle e la sua inesauribile ricchezza inventiva (...)". A questa 'ricchezza' i fratelli nobili del cinema italiano (esordio nel 1962 e, da soli, nel 1967: secoli fa) possono opporre una rinnovata ariosità descrittiva, che apre il copione affidando il dramma delle peste ad immagini di plastica, dolorosa drammaticità. Quando l'asfissiante malattia lascia il posto alle leggerezze agresti, si intuisce che lo scambio di ruoli è avvenuto, lieve ma deciso. Con sottile traslato dialettico, le pesti di ieri diventano quelle di oggi (Stati, identità, migrazioni, fame...) e a guidare il cambiamento sono i giovani (più donne che uomini) pronti a dedicarsi agli argomenti che più interessano loro (amore, sentimenti, rapporto genitori/figli...). Si tratta di un richiamo abbastanza immediato, che i registi fanno poco sforzo per rendere più avvincente, provocatorio, imprevedibile. Lasciandosi andare ad una 'semplicità' di rappresentazione sempre più scoperta e liberatoria, la regia aderisce ad una bella forma che contempla se stessa e non reagisce alla richiesta di slanci dialettici rinnovati. Quel certo spirito ribelle (alla base della versione di Pasolini nel suo innovativo "Decameron" 1970, qui fa capolino nell'episodio della Badessa) resta un'intenzione non raccolta. Prevale (ed è notevole) quel gusto retrò che riveste luoghi e ambienti, quel pensare al testo in termini di passato senza trovare la chiave giusta per farlo diventare presente. Un limite che i Taviani hanno evidenziato in non pochi titoli della loro ampia filmografia. Il lievito utilizzato è comunque di buona qualità, e il film, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile e nell'insieme poetico.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come avvio ad un riflessione sulla "attualità" (o no) del rapporto cinema/Decamerone.