Orig.: Gran Bretagna (2012) - Sogg.: tratto dal romanzo "These Foolish Things" di Deborah Moggach - Scenegg.: Ol Parker - Fotogr.(Scope/a colori): Ben Davis - Mus.: Thomas Newman - Montagg.: Chris Gill - Dur.: 123' - Produz.: Graham Broadbent, Peter Czernin, Pravesh Sahni.
Interpreti e ruoli
Judi Dench (Evelyn Greenslade), Bill Nighy (Douglas Ainslie), Tom Wilkinson (Graham Dashwood), Maggie Smith (Muriel Donnelly), Penelope Wilton (Jean Ainslie), Dev Patel (Sonny Kapoor), Celia Imrie (Madge Hardcastle), Ronald Pickup (Norman Cousins), Tena Desae (Sunaina), Lillete Dubey (sig.ra Kapoor), Lucy Robinson (Judith), Jay Villiers (figlio di Evelyn)
Soggetto
L'uno all'insaputa dell'altro, un gruppo di cittadini britannici, per vari motivi in età di pensione, sceglie una vacanza/ritiro in India: in particolare all'hotel Marigold, una struttura tanto grande quanto in totale decadenza. Coppie in preda a forte disamore affettivo, una vedova, un giudice che solo più tardi trova la forza per rivelarsi gay e mettersi alla ricerca dell'amico lasciato in quel luogo quaranta anni prima, una single non rassegnata, una ex cameriera ora sulla sedia a rotelle e tuttavia orgogliosa e ambiziosa. Dopo circa dure mesi, qualcuno muore, qualcuno torna in Inghilterra, altri rimangono. E il Marigold Hotel comincia una nuova vita.
Valutazione Pastorale
L'Inghilterra (leggi: l'Europa occidentale) invecchia, l'India (leggi: la grande area asiatica) è giovane e si affida alle nuove generazioni. Il loro incontro tuttavia, più che utile, è necessario. Lo dicono i sette inglesi che arrivano in un albergo indiano in pieno disarmo e lo lasciano rigenerato, con alla guida un' arzilla manager dall'età indefinibile. Così lo scambio tra ex colonizzatori e ex colonizzati si fa corposo, innesca un circolo che offre e restituisce vitalità, spirito d'iniziativa, voglia di fare. L'altra faccia della dinamica quotidiana è quella che tocca l'amarezza dello sfiorire degli affetti, dell'affacciarsi della solitudine, del venir meno di punti di riferimento. Nella ricerca della giusta reazione, si devono fare i conti con pudore, timore, timidezza. E un po' di paura. Memore di "Shakespeare in love", il regista John Madden dipinge il romanzo d'origine con tutti colori della passione, della tenerezza, della dolcezza senile, passando dall'ironia, al sarcasmo, dal dramma alla beffa. Su tutto cala un velo di tristezza, dolce come il tè e i biscotti, ma quelli inglesi. Anglosassone da cima a fondo, il copione ha il compito facilitato dalla presenza di una serie di attori/attrici di smagliante bravura. Forse la storia dei due giovani indiani e del loro amore contrastato è un po' sdolcinata. Difetto piccolo, per un film che parla di amore e morte con lievità, intensità, freschezza. E che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come raccomandabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in seguito come avvio alla riflessione sui molti temi che il racconto suggerisce (anziani, Europa/Asia, cinema/letteratura, affetti, lavoro...).