Orig.: Francia/Germania/Cile/Spagna/Usa (2010) - Sogg. e scenegg.: Patricio Gutzman - Fotogr.(Panoramica/a colori): Katell Djian - Mus.: Miranda & Tobar - Montagg.: Patricio Guzman, Emmanuelle Joly, Ewa Lenkiewicz (supervisione) - Dur.: 94' - Produz.: Atacama Productions, Blimker Filmproduktion, WDR, Cronomedia - 63^ FESTIVAL DI CANNES 2010, PROIEZIONE SPECIALE.
Soggetto
Il punto di partenza è il deserto di Atacama, un immenso terreno abbandonato nel quale a tremila metri di altezza si radunano astronomi da tutto il mondo per osservare stelle e galassie. Nello stesso tempo, ai margini dell'osservatorio alcune donne sono impegnate a cercare i resti dei parenti scomparsi sotto il regime di Pinochet. Partendo dalla constatazione che il calore del sole mantiene intatti i resti umani...
Valutazione Pastorale
Studiare gli astri per cercare l'origine della vita, e così tornare al confronto tra scienza e fede. All'inizio un giovane astronomo risponde, confermando che alla domanda centrale sull'origine della vita si finisce per formulare un numero doppio di quesiti. Sulle rocce di quel deserto si vedono ancora oggi graffiti di pastori precolombiani risalenti a oltre mille anni addietro. Lontane tracce di vita, perché ogni testimonianza apre una porta sul passato. "Abbiamo nascosto il nostro recente passato, lo abbiamo occultato" commenta fuori campo il narratore, Gutzman, entrando diretto sul tema centrale, ossia il rapporto tra il Cile e la tragica rivoluzione che ha cancellato le libertà per 17 anni. Il Cile illuminato, arricchito, e calmo, tranquillo come una città di provincia; e dopo un altro Cile, devastato, alle corde, incapace di reagire. Tra il miracoloso e quasi indifferente srotolarsi di luna e stelle, e l'assistere inermi al massacro di una Nazione si muove il film. Il collegamento appare ardito ma c'è, evidente. Il regista mette a punto una regia che oscilla tra la poesia dei dettagli concreti e l'orrore per le scoperte ancora da fare. Si dà (finalmente) voce a donne che hanno subito terribili perdite e non hanno potuto più vedere i loro morti, si fa riferimento ai luoghi, distanze enormi, spazi scoraggianti eppure ancora in grado di suscitare nel ricordo emozione e pianto. Il camminare è fatica ma l'intensità della luce cilena è in certi momenti così forte e pregnante da far apparire differente il dolore e l'assenza. Nel campo di Chakabucu, il terribile campo di Pinochet, si sono contati 30mila torturati e altrettanti non detti. La contabilità è tremenda, fa soffrire e perdere la ragione. "Eppure -dice Guzman- alla fine i problemi dei cileni sarebbero niente se accostati all'immensità dell'universo e, messi su un tavolo come biglie, sono paragonabili a una galassia". Lirico, asciutto, privo di retorica, pronto a guardare i fatti con occhio acuto e disincantato, generosamente piegato sul proprio passato e su ferite ancora non rimarginate, il film è il primo dei due incontri di Guzman con il Cile. Seguirà nel 2015 "La memoria dell'acqua", che va ancora più in profondita, non rassegnato e pronto a mettersi ancora in gioco. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
UTILIZZAZIONE: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria come prodotto di assoluta originalità e di forte intensità non solo per i temi ma per uno svolgimento simile ad un tragico sberleffo o ad un ragionamento anomalo e ribelle.