Sogg. e Scenegg.: Michel Khleifi - Fotogr.: (panoramica/a colori) Walther Van Den Ende - Mus.: Jean-Marie Senia - Montagg.: Marie Castro-Vazquez - Dur.: 115' - Co-Produz.: Marisa Films, Bruxelles; Les Productions Audiovisuelles, Paris
Interpreti e ruoli
Makram Khouri (Abu Adel), Youssef Abou Wardeh (U.M. Adel), Jouliano Mer Khamis, Jan Chemi, Anna Achdian, Nazh Akleh, Sonia Amar, Tali Dorat, Wael Barghouti, Mohamed El Akili, Eyad Anis
Soggetto
in seguito a manifestazioni di forte protesta contro gli occupanti israeliani, sorte in un villaggio arabo nella Galilea dei nostri giorni, il governatore militare ha proclamato la legge marziale. Sono prossime le nozze del figlio del Mutkar Abou Adel, il capo-villaggio, che si fa un punto d'onore celebrarle con memorabile solennità, secondo la tradizione. Il Mutkar si reca quindi dal governatore e lo prega di sospendere temporaneamente il coprifuoco, perchè tutto il villaggio possa confluire liberamente alle nozze del figlio. La sospensione viene concessa, a patto che tutto si svolga entro 24 ore e che - ospiti d'onore alle nozze - vengano invitati con lui, tre suoi ufficiali, due uomini e una donna, e questo col segreto intento di spiare da vicino gli arabi, per scoprire i piani di rivolta. Il Mutkar accetta, perchè nelle tradizioni arabe a una festa di nascita o di nozze sono ammessi anche i nemici. Ma quando rientra al villaggio e annuncia l'ottenuta concessione, con le condizioni poste dal governatore, non trova tutti concordi. Alcuni estremisti anzi congiurano - sia pure da maldestri - per eliminare il governatore e la sua scorta. Ha inizio la festa di nozze, con tutti i complicati rituali che la precedono e l'accompagnano, fino all'assurda attesa del "lenzuolo-verità", attestante che la sposa è giunta vergine al matrimonio. Psicologicamente bloccato dall'atmosfera di crescente tensione che avverte intorno a sè, e dall'anacronistico cerimoniale cui viene costretto, il giovane non riesce a unirsi all'amata, la quale salva in extremis la situazione macchiando da sè il lenzuolo, e ponendo fine così alla festa e al rischio incombente di ben altro bagno di sangue.
Valutazione Pastorale
quasi tutto interpretato da Arabi - non pochi dei quali non professionisti - e realizzato con mezzi poveri da un regista pure arabo, il film ha l'andamento di un attento documentario circa usi, costumi, tradizioni. religiosità di un gruppo di palestinesi arabi di oggi, dei quali l'occupazione israeliana contribuisce ad acuire il conflitto generazionale e ad accelerare il cambio di mentalità. Mentre intatti i due promessi si sottopongono - sia pure con scarso entusiasmo - alle abluzioni, all'abbigliamento e ai riti previsti dalla tradizione, Soumaia, la sorella della sposa appena adolescente e il piccolo Hassan, fratello dello sposo sono investiti - con più o meno consapevolezza - di un ruolo di assai più rischiosa attualità. La vivacissima Soumaia, onnipresente, al riparo della sua sbarazzina impertinenza, vigila in realtà sulle mene sconsiderate degli improvvisati estremisti; mentre le monellerie di Hassan provocano la fuga del purosangue destinato al corteo dello sposo, con seguito di grande scompiglio e ritardo sui tempi rigorosi concessi dal governatore, e conseguente aumento di nervosismo e di tensione. È proprio la tensione, che affiora inquietante fra i balli, le tavole imbandite e i canti tradizionali delle nozze, a tener desta l'attenzione fino alla conclusione. Il film - pur difettando di rigore narrativo, di unità stilistica e di scioltezza di montaggio - è notevole per l'efficacia con cui rappresenta l'animo religioso, gli affetti familiari, i sogni ingenui e inoffensivi di un gruppo di pacifici arabi, non ancora politicizzati e fanatizzati, che vivono in uno sperduto villaggio del vicino oriente e sono sorpresi e sconvolti dall'annoso conflitto che turba le loro arcaiche tradizioni e l'andamento patriarcale delle loro giornate. È notevole pure il realismo con il quale il regista pone in risalto l'insofferenza delle nuove generazioni per il persistere di costumanze anacronistiche, che frenano la loro aspirazione alla libertà e che acuiscono il malcontento e la ribellione. Carichi di significato simbolico sono - a questo proposito - sia l'episodio del malessere della "soldatessa" israeliana, che le donne arabe disarmano e spogliano amorevolmente, circondandola di cure - vagamente ambigue - per rivestirla alla fine del costume locale come richiamo alle sue vere radici, sia la sequenza del purosangue nel campo minato, il quale s'infuria agli spari, ma ritrova docile l'uscita di sicurezza al richiamo suadente del Mutkar.