Parthenope

Valutazione
Complesso, Problematico, scabrosità
Tematica
Adolescenza, Amicizia, Arte, Donna, Educazione, Famiglia, Famiglia - fratelli sorelle, Famiglia - genitori figli, Gangster, LGBTQ+, Male, Metafore del nostro tempo, Politica-Società, Scuola, Sessualità
Genere
Drammatico, PiperFilm
Regia
Paolo Sorrentino
Durata
136'
Anno di uscita
2024
Nazionalità
Francia, Italia
Titolo Originale
Parthenope
Soggetto e Sceneggiatura
Paolo Sorrentino
Fotografia
Daria D'Antonio
Musiche
Lele Marchitelli
Montaggio
Cristiano Travaglioli
Produzione
Paolo Sorrentino, Lorenzo Mieli, Anthony Vaccarello, Ardavan Safaee, Douglas Urbanski. Casa di produzione: The Apartment, Fremantle, Saint Laurent productions, Numero 10, Pathé Pictures

Presentato in Concorso al 77° Festival di Cannes (2024)

Interpreti e ruoli

Celeste Dalla Porta (Parthenope), Stefania Sandrelli (Parthenope), Silvio Orlando (Prof. Marotta), Gary Oldman (John Cheever), Luisa Ranieri (Greta Cool), Peppe Lanzetta (Arcivescovo di Napoli), Dario Aita (Sandrino), Daniele Rienzo (Raimondo)

Soggetto

Napoli 1968, Parthenope è una diciottenne splendida e piena di vita. Nata in una famiglia alto-borghese, si prepara a vivere un’estate magica insieme al fratello Raimondo e all’amico Sandrino, con cui nasce un sentimento. I giorni da sogno di Capri si trasformano però in una ferita che segnerà la vita di Parthenope, di tutti loro, irreparabilmente…

Valutazione Pastorale

A dieci anni dalla vittoria dell’Oscar per “La grande bellezza”, Paolo Sorrentino con il suo ultimo film “Parthenope” sembra ritornare sullo stesso tracciato narrativo, spostando però l’asse dello sguardo dalla Roma contemporanea alla Napoli di ieri. Il regista ha recentemente ritratto la sua città natale, caotica e bellissima, in “È stata la mano di Dio” (2021), il suo film più personale. La Napoli che ora ci mostra in “Parthenope” è elegante, sontuosa ma anche ingombrante, piena di chiaroscuri. Un racconto condito di fascino e fiele, intessuto di miti e dissacrazioni, che sembrano far trasparire un legame viscerale e allo stesso tempo conflittuale con le proprie origini. Prodotto da The Apartment, Fremantle, Saint Laurent, Numero 10 e Pathé, il film è nelle sale dal 24 ottobre con la neonata PiperFilm. Protagonisti Celeste Dalla Porta, Dario Aita e Daniele Rienzo, affiancati dai veterani Stefania Sandrelli, Silvio Orlando, Gary Oldman, Luisa Ranieri, Isabella Ferrari e Peppe Lanzetta.
La storia. Napoli 1968, Parthenope è una diciottenne splendida e piena di vita. Nata in una famiglia alto-borghese, si prepara a vivere un’estate magica insieme al fratello Raimondo e all’amico Sandrino, con cui nasce un sentimento. I giorni da sogno di Capri si trasformano però in una ferita che segnerà la vita di Parthenope, di tutti loro, irreparabilmente…
“Parthenope” non è un film “facile”, perché coniuga indubbia bellezza visivo-estetica – in questo Sorrentino è maestro – con una densità e complessità tematico-narrativa che abita il simbolico, l’introspezione e la dimensione socioculturale.
Il film descrive la parabola formativa, di vita, dell’avvenente Parthenope. Nata in una famiglia benestante sul fiorire degli anni ’50, si ritrova a esplorare la vita adulta nella stagione agitata della storia del Paese, tra il 1968 e il decennio ’70. Parthenope li attraversa respirando tutta l’ebbrezza della cultura del tempo – l’ozio malinconico di Capri, il mito e gli abbagli del cinema, la carica di contestazione e il fermento nelle università – muovendosi come una sirena controcorrente, una sirena che seduce tutti, uomini giovani e anziani, persino donne e religiosi.
Parthenope ha una bellezza che schianta, un’intelligenza che atterrisce. In più il suo carattere è sfuggente, incapace di legarsi a qualcuno, perché la vita l’ha ferita anzitempo: la morte improvvisa, per suicidio, del fratello Raimondo, con il quale, va detto, si accenna una complicità incestuosa. Parthenope è lacerata da questa perdita e si tuffa nella vita, studiando Antropologia all’università, con un atteggiamento “indagatorio”, cercando di andare alla radice della natura umana e della propria esistenza. Sfugge alle regole, ha fame di vita e non ne è mai sazia. Ha una curiosità che non trattiene, ma che lascia libera di scorrere, sorretta da un dolore bruciante.
In tutto questo errare, tra le strade bene o più difficili di Napoli, tra “madame” ingioiellate della città alta e boss malavitosi dei rioni popolari, Parthenope si trova anche faccia a faccia con l’istituzione Chiesa, nella persona dell’arcivescovo di Napoli Tesorone, cui presta il volto Peppe Lanzetta. Parthenope è ormai un’antropologa specializzata nello studio del miracolo; le viene commissionata un’indagine su san Gennaro e si rapporta così con l’arcivescovo Tesorone proprio nel giorno in cui si celebra il Santo con l’esposizione della reliquia.
È qui che Sorrentino forza la narrazione sino a spingersi verso i confini della blasfemia: descrive l’amoralità e la povertà spirituale del vescovo, interessato solo al carrierismo, egoriferito e privo di ogni forma di rispetto per la Chiesa e le stesse reliquie del Santo. Tesorone si accosta a Parthenope con fare da predatore e la seduce, o si fa sedurre, nelle stanze della Curia. Un accostamento tra erotismo e sacro, con tanto di allusione tutt’altro che velata al miracolo di san Gennaro, che più che un’invettiva artistica o una citazione felliniana – Sorrentino ama Fellini, gioca fin troppo con la sua eredità estetico-culturale –, appare invece come una scivolata gratuita e grottesca che sa di cattivo gusto oltre che di mancanza di rispetto.
Sorrentino ama Napoli, lo ha dimostrato in più di un’occasione. Qui però sembra irridere e umiliare molti dei suoi simboli più noti, fatta eccezione per la squadra di calcio, di cui ricorda l’anno magico dell’ultimo scudetto vinto (2023). Oltre a san Gennaro, attraverso il personaggio di Greta Cool – che Luisa Ranieri abita con grande talento – sembra riferirsi alla storia e al successo di Sophia Loren (il volto, gli occhiali, l’acconciatura rimandano a lei): Greta Cool è un’attrice di successo, abita l’efficiente Nord e mal tollera l’immobilismo del Meridione, sputa sentenze ed esprime tragicità, disillusione, verso un mondo falso e crudele. Quello dello spettacolo, o forse della vita…
Detto questo, con “Parthenope” Sorrentino sembra fare un passo indietro rispetto allo splendido “È stata la mano di Dio”. Dà sfogo a tutto il suo talento visivo, creativo, ma non assicura solidità alla struttura narrativa; il film appare lungo, ondivago e stancante, in un’alternanza di soluzioni acute e provocazioni sguaiate, del tutto gratuite. Film complesso, problematico, segnato da scabrosità. Per un pubblico adulto.

Utilizzazione

Il film richiede la presenza di un pubblico adulto.

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