Orig.: Italia (2005) - Sogg. e scenegg.: Tommaso Avati - Fotogr.(Panoramica/a colori): Cesare Bastelli - Mus.: Stefano Arnaldi - Montagg.: Carlo Fontana - Dur.: 94' - Produz.: Andrea Scorzoni per Matteo Cinematografica.
Interpreti e ruoli
Anita Caprioli (Nina), Ettore Bassi (Giordano), Enrica Maria Modugno (Anna Maria), Francesca Antonelli (Mariella), Emanuela Grimalda (Margherita), Magdalena Grochowska (Emilia), Chiara Sani (Giuseppina), Valeria morosini (Anita), Alessandra Costanzo . (Celestina), Monica Cervini (Piera), Lea Gramsdorff (Eva), Manuela Morabito (madre di Nina), Lillo (Eugenio), Alessandro Di Carlo (Bruno), Luca Biagini (Vito), Massimo Bonetti (Guido)
Soggetto
Roma, 1947. Nel reparto di ostetricia di un ospedale arriva Nina, ricoverata in anticipo per via di alcune complicazioni. Nella stessa camerata altre donne attendono il momento del parto. A poco a poco si svelano le loro storie passate: tutte hanno subito i disagi della guerra da poco finita ma che ha lasciato strascichi nella vita quotidiana. Tutte cercano di confortarsi a vicenda in attesa dell'evento che le accomuna. E che non per tutte é fonte di gioia. Una partorisce un bambino di colore e nella notte scappa per non farsi trovare dalla propria, anziana madre. Un'altra decide di abortire, di notte, di nascosto. Una terza ritrova il ragazzo che aveva amato prima della guerra: anche lui é in ospedale perché la moglie sta partorendo in un'altra stanza. Finalmente tocca a Nina. Il bambino nasce, ma viene posto subito sotto la lampada, senza che venga mostrato ad altri. Passano giorni, prima che lei gridi di rabbia e riesca a vederlo. Il piccolo respira a fatica. Nina lo veglia ma infine, stremata, torna a casa. Il giorno dopo il neonato muore.
Valutazione Pastorale
C'è un unico ambiente (il reparto di ostetricia dell'ospedale), c'é un solo tema, quello della maternità, c'é in regia una donna, Mariantonia Avati, ma soggetto e sceneggiatura figurano scritti da un uomo, Tommaso Avati. Piccole contraddizioni di un lavoro che vede scendere in campo i due figli di Avati senior e Mariantonia firmare l'opera prima. Difficile dire che non si senta l'influsso dell'illustre genitore. Anzi il primo aggettivo che viene in mente é proprio quello di film 'avatiano': ossia girato sul filo della memoria, raccontato dalla voce fuori campo, popolato da figurine tutte inesorabilmente 'minori'. Il microcosmo di quel reparto diventa così ancora una volta l'occasione per dipingere l'affresco di un'Italia minore, povera ma orgogliosa, umiliata ma dignitosa. La ricostruzione é puntigliosa e piena di affetto, i vari drammi restituiscono l'idea della durezza del periodo, la maternità é vissuta attraverso differenti angolazioni. Commozione e poesia trovano un freno in dialoghi troppo fitti e troppo 'esterni' all'azione principale che spesso ristagna. Si parla molto, ci si muove molto, si fuma molto in camerata (é vero, succedeva così), si mangia anche molto a tutte le ore (anche le caldarroste di nascosto). Lo sguardo d'insieme é dunque sincero, sentito, ma non graffiante. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come accettabile e nell'insieme semplice.
UTILIZZAZIONE: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, e da proporre in altre occasioni come ritratto dell'Italia negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra mondiale.