Sogg. e Scenegg.: Henry Jaglom - Fotogr.: (normale/a colori) Henry Jaglom - Mont: Henry Jaglon - Dur.: 112' - Produz.: International Raimbow Pictures
Interpreti e ruoli
Henry Jaglon (Regista), Orson Welles (Orson Welles), Sally Kellerman (Edith), Andrea Marcovicci (Miky), Gelardine Baron (Ellen), Stephen Bishop (Pianista), Romee Blakley, Minda Burr, Jeff Dowd, Deborah Edwards
Soggetto
a Santa Monica, un magnifico cinema costruito nel 1911 deve essere demolito. Ne sono proprietari due fratelli, il minore dei quali lavora come regista e ha pensato di dare una festa nel locale sia in onore del fratello maggiore, arrivato sul posto, sia per filmare una serie di interviste. I rapporti tra i due fratelli non sono mai stati eccellenti: più intellettuale il regista, più pragmatico il secondo, Miky. Scapoli tutti e due, il regista intrattiene una relazione un pò pigra (e non per colpa sua) con una attrice (Ellen), l'altro ondeggia tra scetticismo e timidezza e, a parte qualche fugacissima avventura occasionale, è rimasto sempre solo e indeciso. Gli invitati all'incontro sono quasi tutti attori o comunque gente di spettacolo, in parte divorziati (le donne) e accettano di parlare di sé e delle proprie scelte di vita sul tema "perché si è soli". Vi sono Edith (una attrice di successo, ma infelice); Ellen, una bruna jugoslava immigrata negli Stati Uniti; un cantante; un compositore-pianista e molti altri: tutti soli, qualcuno almeno in apparenza rassegnato e coraggioso nel tirare avanti, le donne in grandissima maggioranza desiderose di avere un marito ed un figlio. Il regista pone domande stimolanti, riprende le singole confessioni e così, nel quadro della festa, forse anche il materiale per un film sulla solitudine è raccolto. Esso sarà dedicato ad Ellen per celebrare la festa di San Valentino, alla quale la donna tiene moltissimo fin dalla propria adolescenza. E un abbraccio tra i due più tenero del solito suggella la data, mentre Miky che praticamente una volta di più non è riuscito a legare con nessuno, vede gentilmente, ma inequivocabilmente respinta la propria offerta di amore da parte di Edith, ormai decisa a rimettersi con il marito che ama tuttora. Alla fine, Orson Welles - che ha seguito ogni episodio dall'ultima fila di poltrone del fastoso teatro - riassume tra frammenti di verità e boutades il suo pensiero sulla tematica che il regista si era proposto di affrontare e trattare.
Valutazione Pastorale
il tema della solitudine - specie se riferito, come appare chiaro, alla gente del tempo attuale e a tutto ciò che esso implica per le scelte di vita imposte o da operare - senza dubbio connota il film (di Henry Jaglom) di una verbosità fluviale e inarginabile. Questo è un peccato, poiché di pensieri anche profondi e di affermazioni corrette e psicologicamente indovinate ce ne sono in grande numero. L'inchiesta-tortura, architettata dal regista per tirarne fuori un film sul "perché si è soli", da offrire alla graziosa ma reticente amica Ellen come un dono, mette a nudo animi e sentimenti di un gruppo di persone. Senza averne l'aria (né in verità i metodi) ne vien fuori una sorta di psicoterapia di gruppo svelando ognuno dettagli intimi, amari e dolenti per lo più e situazioni di solitudine ed insicurezza, senz'altro degni di attenzione e rispetto. Il guaio - cinematograficamente parlando - sta nella maniera grezza con cui il materiale dell'indagine viene raccolto e impaginato (tra l'altro con visibili sviste e banalità di una regìa e di un montaggio a dir poco disattenti) e nella impressione di un funesto raffazzonamento, per una costruzione tanto fragile, quanto fastoso è il teatro di posa. L'idea di un palcoscenico, sulle cui tavole gli attori vivano davvero la loro personale vicenda umana, non è poi certamente nuova: l'utilizzazione di uno stampo ad hoc (il prestigioso teatro destinato ad essere abbattuto esso pure, anche come simbolo probabile) può contribuire a dare prospettive di successo sul piano filmico al tentativo del regista impegnato nella faticosa inchiesta. La lunga chiacchierata di Orson Welles, testimone del tutto e che manifesta bei pensieri (alcuni ovvii, altri magari validi e interessanti) funziona da sigla di chiusura di un film indubbiamente prolisso, un pò ambizioso ma - fatto raro - privo delle ambiguità e volgarità consuete, un film che fra tanti esseri solitari per natura, vocazione, paura o sfortuna, esclude curiosamente i rappresentanti del terzo sesso. Nel ruolo degli intervistati, il lavoro di Jaglom si avvale di interpreti più che notevoli per scioltezza di modi, sincerità espressiva e credibilità.