Sogg e scenegg.: Mario Martone - Fotogr.: (Panoramica/ a colori) Pasquale Mari - Mus.: Autori vari - Mon- tagg.: Jacopo Quadri - Dur.: 113'- Produz.: Angelo Curti, Andrea Occhi- pinti, Kermit Smith
Interpreti e ruoli
Andrea Renzi (Leo), Anna Bonaiuto (Sara Cataldi), Iaia Forte (Luisella Cielo), Roberto De Francesco (Diego), Marco Baliani (Vittorio), Toni Servillo (Franco Turco), Peppe Lanzetta (Silvano), Maurizio Bizzi, Sal- vatore Cantalupo, Antonello Cossia, Sergio Tramonti, Lucia Vitrone, Gio- vanna Giuliani, Francesca Cutolo, Vincenzo Saggese
Soggetto
Siamo nel 1994 e da tre anni è in corso la guerra nella ex-Jugoslavia. A Napoli Leo, giovane attore e regista, inizia le prove di uno spettacolo che ha intenzione di portare nella Sarajevo oppressa dalla guerra. In città la compagnia lavora in un teatro malandato inserito tra i vicoli brulicanti dei quartieri spagnoli. Il testo da mettere in scena è "I sette contro Tebe", dramma di un assedio e di una guerra fratricida. Nella compagnia ci sono Vittorio, fedele collaboratore di Leo, ex attore attivo nel volontariato come insegnante; Giovanna, Francesca e Vincenzo, studenti universitari; Maurizio e Rosario con trascorsi di tossicodipendenza; Luisella Cielo, astro nascente della scena, reduce dal successo di un film dov'era protagonista. Mentre nel quartiere il boss Silvano protegge Leo, all'improvviso Luisella lascia la compagnia per andare a girare un nuovo film. Viene sostituita da Sara Cataldi, un'attrice con cui il Teatro Stabile di Napoli ha già un oneroso contratto. Sono in corso le prove, quando Silvano in pieno giorno viene assassinato per strada da sicari di boss rivali. Un giorno Leo riceve un telegramma,che gli fa cambiare atteggiamento. Va in scena quindi la prova generale: grande successo e piccola festa tra attori e amici. Ma proprio qui Leo rivela la situazione: l'amico di Sarajevo è morto, colpito da una granata, il viaggio in Bosnia non si fa più. Il direttore dello Stabile commenta che a Sarajevo hanno bisogno di armi, non di teatro.
Valutazione Pastorale
"Questo film -dice il registanasce dal vuoto che ho provato tre anni fa, quando mi sono reso conto di non possedere alcuno strumento di comprensione di ciò che stava avvenendo in un paese così vicino a noi come la ex-Jugoslavia. Mi chiesi allora se il teatro potesse risultare un possibile strumento, se non altro, di avvicinamento". Lo spettacolo teatrale che non viene portato in Bosnia diventa poi il supporto e la motivazione centrale del film, che Martone concepisce sviluppato tra immagini in diretta e immagini filmate in una sovrapposizione temporale che conferisce all'operazione toni d'attualità e insieme di metastoricità. Film bello e intelligente, costruito su toni di crescente dinamicità e inquietudine e attraversato da riflessioni di profonda umanità: la tragedia che si recita al chiuso sulla scena si ripete ogni giorno fuori, sulle strade. E non c'è bisogno di andare fino a Sarajevo per assistere a scenari di guerra, è sufficiente guardarsi intorno per verificare l'esistenza di altri teatri di guerra. Dal punto di vista pastorale, alcuni momenti meno sorvegliati nel rapporto tra gli attori (la festa finale) consigliano qualche riserva, mentre per il resto il film si segnala come positivo, sicuramente problematico e molto originale sul piano visivo-narrativo per il tono di metafora che lo caratterizza.
Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, con attenzione per la presenza dei minori. Opportuna la proposta in contesti mirati, per riflettere su rapporto cinema-teatro, scenari di guerra, storia e cronaca, Napoli come palcoscenico aperto.