La serie tv è in distribuzione sulla piattaforma Now e su Sky
Interpreti e ruoli
Pedro Pascal (Joel Miller), Bella Ramsey (Ellie Williams), Nico Parker (Sarah Miller), Gabriel Luna (Tommy Miller), Anna Torv (Tess), Merle Dandridge (Merlene ), Nick Offerman (Bill), Murray Bartlett (Frank), Lamar Johnson (Henry), Melanie Lynskey (Kathleen), Keivonn Montreal Woodard (Sam), Ashley Johnson (Anna)
Soggetto
Stati Uniti, 2023. A vent’anni dalla diffusione di un terribile virus riconducibile a una specie di funghi, dell’umanità rimane ben poco. I sani sono rifugiati in città-fortezze, sotto il cartello governativo (autoritario) della Fedra; i contagiati hanno preso delle fattezze simil zombie. Joel è un ex imprenditore edile sulla cinquantina, sconfitto e disilluso; la pandemia gli ha strappato via tutto, in primis l’amata figlia adolescente Sarah. Il movimento di resistenza delle Luci, opposto a Fedra, chiede a Joel di scortare la quattordicenne Ellie in un viaggio attraverso i territori aspri e distrutti del Paese. La ragazza è immune all’infezione e potrebbe aiutare la comunità scientifica a trovare un vaccino…
Valutazione Pastorale
La serie di matrice apocalittica, su un presente-domani distopico dove l’umanità è mutilata da un virus letale e da dinamiche di sopraffazione “Homo homini lupus”, ha sorpreso per la qualità di racconto e della messa in scena, trovando un suo specifico narrativo diverso rispetto all’impianto dell’omonimo videogioco cui si ispira, targato Naughty Dog-Sony. Alla guida di “The Last of Us” troviamo Neil Druckmann (autore del videogioco) e Craig Mazin, che ha firmato di recente il pluripremiato dramma “Chernobyl”. Protagonisti due attori di richiamo: Pedro Pascal, forte di serie cult come “Game of Thrones”, “Narcos” e “The Mandalorian”, e la giovane in ascesa Bella Ramsey, la valorosa Lyanna Mormont sempre in “Game of Thrones”.
La storia. Stati Uniti, 2023. A vent’anni dalla diffusione di un terribile virus riconducibile a una specie di funghi, dell’umanità rimane ben poco. I sani sono rifugiati in città-fortezze, sotto il cartello governativo (autoritario) della Fedra; i contagiati hanno preso delle fattezze simil zombie. Joel (P. Pascal) è un ex imprenditore edile sulla cinquantina, sconfitto e disilluso; la pandemia gli ha strappato via tutto, in primis l’amata figlia adolescente Sarah. Il movimento di resistenza delle Luci, opposto a Fedra, chiede a Joel di scortare la quattordicenne Ellie (B. Ramsey) in un viaggio attraverso i territori aspri e distrutti del Paese. La ragazza è immune all’infezione e potrebbe aiutare la comunità scientifica a trovare un vaccino…
Il genere narrativo apocalittico, il survival movie distopico, è stato molto frequentato negli ultimi due decenni tra cinema, serie Tv, videogame e letteratura. Il mondo sul crinale dello smarrimento è un tema che di certo affascina e trova consensi. Alcuni titoli: le saghe cinematografiche “Hunger Games” (2012-15) e “Divergent” (2014-16), la serie televisiva statunitense “The Walking Dead” (2010-22), come pure la serie tedesca “Tribes of Europa” (2021, Netflix) e la miniserie italiana “Anna” (2021, Sky).
Qual è allora la peculiarità di “The Last of Us”? Al di là del binario narrativo di genere, la serie squaderna un’interessante riflessione sociale ed esistenziale. È il viaggio in solitario di due ultimi, Joel ed Ellie: lui è un uomo che ha abdicato alla vita, cinico e spigoloso, lei un’adolescente orfana cresciuta troppo in fretta, abituata a perdere chi ama e senza troppe aspettative dalla vita. Ellie sa che potrebbe essere la chiave per arrestare la pandemia, e non teme di finire come cavia da laboratorio. Nel corso del viaggio, però, Joel ed Ellie si avvicinano, si riparano a vicenda, curando le ferite dell’anima l’uno dell’altra. Nasce tra di loro una tenerezza che ha del poetico, un legame familiare che supera fratture e irrisolti del passato. Un viaggio arricchito da storie di un’umanità “disgraziata”, rimasta appesa nell’incertezza: la coppia formata da Bill e Frank, i fratelli Sam e Henry, gli anziani Marlon e Florence, il fratello di Joe, Tommy, che vive in una comunità di sopravvissuti a Jackson, come pure il leader “religioso” David a capo di un gruppo di cannibali. Quadri visivi che oscillano dal poetico al disturbante, al tossico.
Sul finire del viaggio, nel nono e ultimo episodio, Joel ed Ellie sono tumefatti dalle atrocità viste, sperimentate, ma sembrano in verità rianimati da una consapevolezza nuova: si sentono vivi, quel sentimento che li lega li ha “riparati”, ha ridato loro una famiglia, speranza. Ed è qui che si apre il nodo più problematico, il dilemma morale conclusivo: fino a che punto ci si può spingere per amore? Per quel sentimento che lo lega a Ellie, Joel è disposto a sconfinare nei territori del Male (un po’ come il giudice integerrimo visto in “Your Honor”). Un’istantanea finale che accosta sentimento a rigurgiti disperanti. E spiazza non poco.
Se si è disposti a superare la cornice di genere, fantastico-distopica, come pure una violenza spesso fuori misura, la serie “The Last of Us” è in grado di schiudere un intenso e acuto racconto sociale di un’umanità ferita, spiaggiata, alla fine del mondo. Un’umanità che si muove sul confine sottile tra bene e male, in cerca di (ri)posizionamento. A volte sembrano ben pochi i valori rimasti, dinanzi a una ferocia diffusa e un “egoismo” alimentato dalla lotta per la sopravvivenza, ma qua e là spuntano con intensità anche lampi di speranza, di un’umanità che sa ritrovare (e forse rigenerare) se stessa. Non tutto sembra perduto, soprattutto guardando Joel ed Ellie.
Al di là del binario narrativo mutuato dal videogioco, in “The Last of Us” ben si coglie la firma di Craig Mazin, quel suo stile dolente, poetico e disturbante visto con efficacia in “Chernobyl”, che non può lasciare indifferenti. Una serie sfidante, da più punti di vista, come lo era del resto “Game of Thrones”, per palati forti, ma di indubbio fascino e densità tematica. Complessa, problematica, per dibattiti.
Utilizzazione
Indicata per un pubblico adulto per i temi e le immagini in campo.