Orig.: Stati Uniti (2013) - Sogg. e scenegg.: Ted Elliott, Terry Rossio, Justin Haythe - Fotogr.(Scope/a colori): Bojan Bazelli - Mus.: Hans Zimmer - Montagg.: Craig Wood, James Haygood - Dur.: 149' - Produz.: Jerry Bruckheimer, Gore Verbinski.
Interpreti e ruoli
Johnny Depp (Tonto), Armie Hammer (John Reid/cavaliere solitario), Tom Wilkinson (Latham Cole), William Fichtner (Butch Cavendish), Barry Pepper (cap. Jay Fuller), James Badge Dale (Dan Reid), Ruth Wilson (Rebecca Reid), Helena Bonham Carter (Red Harrington), Jason E. Hill (Seamus), Chad Brummett (Martin), Lew Temple . (Hollis)
Soggetto
Durante la visita ad un museo, un bambino assiste al ritorno in carne ed ossa della statua dell'indiano Tonto. L'uomo comincia a raccontare le sua vera storia e quella degli avvenimenti che lo hanno visto protagonista...
Valutazione Pastorale
Sono ormai molti anni che il western, genere per eccellenza del cinema americano, ha imboccato il viale del tramonto, sostituito dai meccanismi narrativi costruiti sugli effetti speciali, sul futuro, sul fantasy. Quando poi si prova a rinvigorirne la memoria, arrivano due conferme: che i personaggi non possono prescindere dall'avere già un posto nell'immaginario americano; che il taglio narrativo deve comunque essere misto, confuso, un po' meticcio. Parlare del passato insomma ma usare linguaggi rivolti ai più giovani. Ecco allora Johnny Depp che diventa l'indiano Tonto, cercando disperatamente di restare legato al Jack Sparrow della Saga dei "Pirati dei Caraibi"; ecco il non vivacissimo Arnie Hammer nel ruolo di John Reid/Cavaliere solitario, alle prese con disavventure robanti, rumorose, eclatanti da ghost movie. E così via. Lone Ranger, una figura nata in radio nel 1933 e poi alla TV USA a partire dal 1958 per quasi tremila episodi, ha conquistato intere generazioni ma l'approccio con i giovani di oggi è certo più complicato. In 2 ore e mezzo l'avventura si fa ribalda, prepotente, un po' ansiogena. Emergono alcune tematiche non secondarie (giustizia, potere, vendetta...) e il mito dell'eroe solitario si affianca e si confonde in quello della crescita di una Nazione. Alle fine i risultati sono alquanto spiazzanti. La regia di Verbinski pecca di gigantismo ma recupera chiudendo nella tradizione: come ammoniva John Ford ne "L'uomo che uccise Liberty Valance", 'tra la lggenda e la storia pubblica sempre la leggenda'. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come consigliabile e nell'insieme problematico.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in seguito come prodotto comunque spettacolare e occasione per recuperare miti e leggende del vecchio west americano.