Interpreti e ruoli
Viola Davis . (Nanisca ), John Boyega (Re Ghezo), Lashana Lynch (Izogie), Sheila Atim (Amenza ), Thuso Mbedu (Nawi), Jimmy Odukoya (Oba Ade), Jordan Bolger (Malik), Hero Fiennes-Tiffin (Santo Ferreira)
Soggetto
Inizio ‘800, il Regno di Dahomey è guidato dal re Ghezo ed è protetto dalle abili e temute amazzoni Agojie. Il loro generale è Nanisca, una donna che è sfuggita a violenze indicibili ed è divenuta un condottiero granitico. Accanto a lei, a condividere amicizia e battaglie, la fidata Amenza e la valorosa Izogie. Durante l’addestramento delle nuove reclute, dove spicca la coraggiosa Nawi, si palesa la minaccia del violento Oba Ade (Jimmy Odukoya), che non intende arrestare la tratta degli schiavi verso le Americhe e l’Europa...
Valutazione Pastorale
Nel corso della sua trentennale carriera l’attrice statunitense Viola Davis (classe 1965) si è aggiudicata praticamente tutto: un Oscar (“Barriere”, 2017), un Emmy (“Le regole del delitto perfetto”) e due Tony Award (uno per lo spettacolo “Fences”, 2010). La Davis è un’attrice maiuscola, come poche a Hollywood. Come lei di certo Meryl Streep, capofila, insieme a Cate Blanchett e Tilda Swinton, capaci ogni volta di calarsi in ruoli talmente diversi, intensi e imprevedibili. E va in tale direzione anche l’ultimo lavoro della Davis, “The Woman King” diretto da Gina Prince-Bythewood (“The Old Guard”, 2020), da un’idea dell’attrice Maria Bello su sceneggiatura di Dana Stevens. Un racconto epico, al femminile, che ci porta nelle pieghe dell’Africa tra XVIII e XIX secolo.
La storia. Inizio ‘800, il Regno di Dahomey è guidato dal re Ghezo (John Boyega) ed è protetto dalle abili e temute amazzoni Agojie. Il loro generale è Nanisca (Viola Davis), una donna che è sfuggita a violenze indicibili ed è divenuta un condottiero granitico. Accanto a lei, a condividere amicizia e battaglie, la fidata Amenza (Sheila Atim) e la valorosa Izogie (Lashana Lynch). Durante l’addestramento delle nuove reclute, dove spicca la coraggiosa Nawi (Thuso Mbedu), si palesa la minaccia del violento Oba Ade (Jimmy Odukoya), che non intende arrestare la tratta degli schiavi verso le Americhe e l’Europa.
Passato al Toronto Film Festival, “The Woman King” presenta più piste narrative. Anzitutto, il film mette a tema la Storia, la spinosa questione del colonialismo e della tratta degli schiavi che ha depredato e violato l’Africa per generazioni. In particolare, sottolinea lo sfruttamento della popolazione femminile, donne esposte a violenze e traumi brucianti. Al contempo, il racconto sposa la prospettiva del Regno di Dahomey teso a svincolarsi dal giogo perverso dello schiavismo, facendo leva su idee-valori di modernità e uguaglianza. In questa cornice, l’attenzione si sposta su due donne, la veterana Nanisca e la recluta Nawi: distanti per età, ma simili per carattere e determinazione, che spingeranno la comunità alla rivolta per la libertà.
Punto di forza di “The Woman King” è senza dubbio Viola Davis, che si è sottoposta a una trasformazione fisica di rara bravura: si è calata nel personaggio lavorando su una fisicità segnata da forza, agilità e ruvidezza, non trascurando però anche un suo adeguato approfondimento psicologico. Tra sguardi e parole accennate, la Davis aiuta lo spettatore ad accedere alla conflittualità interiore di Nanisca, del suo essere insieme guerriera, donna e madre. Una figura stratificata, complessa e dolente che lascia traccia. Purtroppo, meno incisiva è la struttura narrativa, la sceneggiatura, che spesso deraglia tra raccordi didascalici, sottolineature enfatiche e una violenza a tratti fuori controllo. Peccato.
Se “The Woman King” presenta dunque un andamento claudicante, a salvare il tutto – proprio come fece la Streep con “The Iron Lady” (2011) – è il contributo della Davis, di imbarazzante bravura. Aria di Oscar? I presupposti ci sono. Complesso, problematico, per dibattiti.
Utilizzazione
Indicato per la programmazione ordinaria e per successive occasioni di dibattito.