Orig.: Stati Uniti (1999) - Sogg.: tratto dalla tragedia 'Tito Andronico' di William Shakespeare - Scenegg.: Julie Taymor - Fotogr.(Scope/a colori): Luciano Tovoli - Mus.: Elliot Goldenthal - Montagg.: Francoise Bonnot - Dur.: 157' - Produz.: Conchita Airoldi, Jody Patton, Julie Taymor.
Interpreti e ruoli
Anthony Hopkins (Tito), Jessica Lange (Tamora), Alan Cumming (Saturnino), Colm Feore (Marco), James Frain (Bassiano), Laura Fraser (Lavinia), Harry Lennix (Aronne), Angus MacFadyen (Lucio), Mattew Rhis (Demetrio), Jonathan Rhys-Meyer . (Chrone)
Soggetto
Nel periodo del tardo impero, il generale Tito Andronico, tornato vincitore dalla campagna contro i Goti, procede secondo le usanze al sacrificio del primogenito dell'imperatrice Tamora, fatta prigioniera e regalata all'imperatore Saturnino, che lui Tito ha fatto salire al trono. Respinto da Lavinia, figlia preferita di Tito, Saturnino decide allora di sposare Tamora. Costei si dimostra ben felice, intuendo le migliori possibilità per mettere in atto la propria vendetta. Sollecitati dal diabolico Aaron, uomo di colore, gli altri due figli di Tamora uccidono il fratello di Saturnino, in modo che la colpa ricada sui figli di Tito, che subito vengono individuati e decapitati. Quindi ancora i due ragazzi infieriscono su Lavinia, stuprandola e mutilandola. Deciso a farsi a sua volta vendetta, Tito convoca alcuni fedeli e manda Lucio, l'ultimo figlio superstite, a radunare un esercito di Goti. In un succedersi sempre più cruento di intrighi, Tito elimina i due figli di Tamora, che ha saputo essere colpevoli verso Lavinia. Quella sera invita Tamora a tavola, e le serve i corpi dei figli. Dopo averlo rivelato, Tito uccide Tamora con un colpo di coltello. Subito dopo Saturnino elimina Tito, ma é a sua volta ucciso da Lucio, che a questo punto si proclama imperatore.
Valutazione Pastorale
William Shakespeare scrisse il "Tito Andronico" all'eta di appena 24 anni. Un' opera giovanile nella quale l'inglese sintetizzò tutte le notizie e le cronache allora in suo possesso sulla violenza come forma abituale di vita nel tardo romano impero, periodo di decadenza e di corruzione. Per la sua macchinosità, l'opera è tra le meno rappresentate, e proprio la Taymor é la regista dell'ultima messa in scena, a New York nel 1995. Da lì ha preso il via l'idea di una versione cinematografica, che la stessa Taymor ha diretto e che rappresenta per lei l'esordio su grande schermo. Chi è legato allo Shakespeare romantico faticherà non poco a muoversi in questa orrenda catena di delitti; chi invece ricorda anche "Re Lear", "Hamleto", "Riccardo III" riconoscerà qui la presenza di quella 'catena dei morti' che pesa sulla coscienza degli uomini, sulla loro sete di potere e di dominio. Da qualche tempo ormai al cinema la dimostrazione della valenza universale dei testi shakespeariani é affidata a realizzazioni collocate fuori dal contesto storico originale: altre epoche, più vicine a noi, per dire però che la denuncia non cambia ed anzi ha più forza. Così anche in questa occasione l'ambientazione ha sapori anni trenta foschi e inquietanti. Si può discutere a lungo sull'effettiva necessità di 'mostrare' violenze ed efferatezze di tale livello, che possono sucitare disturbo e distacco. Forse la regista eccede, ma il vigore della lezione shakespeariana rimane al di là dei troppi estetismi e dei molti compiacimenti formali. Per questo, dal punto di vista pastorale, il film é da valutare per la parte utile che lo riguarda: la rappresentazione di un'umanità piegata nel dolore e in attesa di un bagliore di speranza futura. Film quindi discutibile, con le molte crudezze visive cui si accennava prima.
UTILIZZAZIONE: l'utilizzo in programmazione ordinaria é da prevedere con grande cautela. Più opportuno indirizzarlo in contesti mirati, come proposta molto particolare nell'ambito del rapporto Shakespeare/cinema, che vanta ormai una abbondante filmografia.