Sogg. e Scenegg.: Rudolf Thome - Fotogr.: (panoramica/a colori) Reinhold Vorschneider - Mus.: Hanno Rinné - Montagg.: Doerte, Voelz, Mammarella - Dur.: 80' - Prod. Moana Film, Berlin
Interpreti e ruoli
Johannes Herrschmann (George Hormes), Adriana Altaras (Franziska), Friederike Tiefenbacher (Betty), Claudia Matschulla (Marthe), Jurgen Wink Werner Gerber, Anton Rey
Soggetto
trentenne, scapolo pignolo e autore di libri di filosofia, George Hormes conduce vita solitaria. Per presentarsi alla conferenza in cui parlerà dei suoi due ultimi libri egli decide di acquistare un vestito nuovo. Caso vuole che le tre giovani commesse del negozio - Franziska, Betty e Marthe - lo trovino delizioso e ne siano colpite tutte e tre. Il timido che discetta su Eraclito, su vita, morte e pensiero, viene sedotto - alla lettera - dalla bruna Franziska, ma attratto anche dalle altre, assolutamente non disturbate dalla gelosia. Lui va vivere con loro, portando con sé i suoi amatissimi libri, coccolato e riverito. Si crea così un ménage a quattro del tutto anomalo. Improvvisamente egli se ne va per una settimana, volendo riflettere su se stesso e sui valori dello spirito in cui credeva, ma un febbrone lo colpisce e Franziska accorre tutta tenera e lo riporta a casa, dove lei e le soavi amiche riprenderanno a blandirlo, considerandolo un messaggero degli dei, non ancora consapevole del proprio ruolo. Insieme intrecciano danze sulle rive dello Wannsee, felici di godersi la natura, di essere liberi e spensierati, mentre dei e ragione appaiono lontanissimi e i sensi stessi appagati.
Valutazione Pastorale
la metrica è quella della commedia, senza scintillìo però, nè vaghezze amene e neppure risvolti seri, anzi asettica e quieta. Il contenuto è il trionfo della disinvoltura, della irresponsabilità e dell'indifferenza, sintomatico di un non credere davvero più in nulla, per lasciarsi cullare a fin di comodo da un paganesimo più che palese. Da ciò la irreversibile amoralità del film del regista tedesco Rudolf Thome e la negazione di ogni valore autentico (umano, razionale o spirituale che sia). Il timido filosofo, fisicamente di allucinante magrezza e per giunta vergine, vede crollare rapidamente le basi auguste del pensiero sotto i colpi della seduzione. Egli si adagia subito, coinvoito in un intrigo che, chiamando in scena frange fumose della mitologia, lo risucchia e annulla nel piacere e nel gaio vivere. Lo sfondo della storia è dato da quel paganesimo romantico e da quel naturismo (l'uva mangiata da bocche avide in riva al lago; il nudismo praticato senza ricorrere al minimo velo) tipici della cultura e dell'arte germanica. Meglio vivere così, in una "comune" disinibita nei sensi e nei sentimenti, senza freni nè limiti, in un sogno utopistico di pace e felicità, citando dei e dee ripescati nei sedimenti mitologici e alla faccia di ogni e qualsiasi principio etico o ideale. Le tre "dee" fanno di tutto per insidiare l'ossuto filosofo. Lui cita spesso il "panta rei" di eraclitiana memoria e la vita e la morte, ma le sue difese sono diventate fragilissime: un gran febbrone basta a farlo rientrare a casa, con ragazze pronte a dargli tisane e a viziarlo al massimo (caso stranissimo - o forza dell'utopia - non c'è mai la più piccola vena di gelosia). La "comune" funziona, tutti si danno cerimoniosamente del lei e perfino il sesso sembra ridotto ad una routine che non pone problemi di sorta. Insolito film, esercitazione accademica, parabola cinica più che amara, quasi a specchio di una generazione che, messi da parte valori eterni, adduce infantilmente l'alibi dei miti e si rivela appestata dall'indifferenza. Negatività assoluta e qualcosa di stridulo, come vi è in tutto ciò che nel proprio fondo è falso e illusorio. Stridula anche la colonna sonora, una delle più acri e irritanti mai sentite.