Orig.: Italia (2002) - Sogg. e scenegg.: Heidrun Schleef, Diego Ribon, Michele Placido - Fotogr.(Scope/a colori): Luca Bigazzi - Mus.: Carlo Crivelli - Montagg.: Esmeralda Calabria - Dur.: 96' - Produz.: Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimenz.
Interpreti e ruoli
Laura Morante (Sibilla Aleramo), Stefano Accorsi (Dino Campana), Alessandro Haber (Andrea), Galatea Ranzi (Leonetta), Diego Ribon (Emilio)
Soggetto
Negli anni della prima guerra mondiale, Sibilla Aleramo e Dino Campana cominciano uno scambio epistolare, poi si incontrano e tra loro prende il via una storia d'amore di forte coinvolgimento. Aleramo é scrittrice e nel 1906 ha pubblicato "Una donna", libro anticonvenzionale di grande successo. Campana è poeta, di nove anni più giovane, e nello stesso 1906 é stato internato per due mesi nel manicomio di Imola. Il rapporto tra i due é scandito da momenti di grande passione e di furore reciproco alternati a flash-back che ricostruiscono l'infanzia e l'adolescenza di Sibilla: la follia della madre che tenta il suicidio; la forte volontà molto contrastata di lavorare con il padre; la decisione di sposarsi a 16 anni con un uomo che si rivela gretto e che lei più tardi abbandona, sapendo che questo gesto le costerà il non poter più vedere il figlio. Campana intanto é in rotta con i gruppi culturali del suo tempo, che liquida in modo sprezzante e con toni offensivi. Il suo instabile equilibrio psichico rende molto limitate le occasioni di tranquillità, anche nei rapporti con la famiglia. Tra rimproveri, screzi, fughe e liti furibonde, la storia d'amore tra Sibilla e Dino procede ancora per qualche tempo. Una sera, in casa di amici, la pazzia di Dino esplode violenta contro Sibilla. Lui poi si allontana, lei con il volto tumefatto lo insegue, ma invano. Non si rivedranno più.
Valutazione Pastorale
Entrato nel 1918 nel manicomio di Castel Pulci, vicino a Firenze, Campana vi resta fino alla morte il 1 marzo 1932. Sibilla Aleramo invece continua a scrivere e ad essere presente nel dibattito politico-culturale fino alla morte avvenuta nel gennaio 1960. Michele Placido, regista e cosceneggiatore, ricorda che "l'idea del film nasce dalla lettura dell' epistolario tra Sibilla e Dini...il grande amore che ti segna l'esistenza, la passione che cambia il corso della vita". Sembra un paradosso, ma la passione, con l'emozione e i sussulti che l'accompagnano, é la grande assente del copione. Reso il dovuto elogio alla precisione della ricostruzione ambientale e delle atmosfere d'epoca, per il resto va detto che il racconto procede nell'unica direzione di uno schema che prevede: incontro amoroso, litigio, riappacificazione, invettiva contro la corruzione altrui, incontro amoroso... e così via. Mentre risulta squilibrante il mostrare il passato della sola Aleramo (e l'infanzia di Dino?), poco spazio é dedicato ai motivi per i quali questi due nomi chiedono ancora oggi la nostra attenzione, ossia quelli letterari. Dino in particolare è disegnato come un pazzo che ogni tanto ha qualche barlume poetico, e non il contrario. Tutto resta asettico, tra dialoghi troppo urlati e assenza di vera drammaticità. Il significato dell'operazione (lavorare sul sentimento) resta sospeso in una dimensione irrisolta, tra insufficiente contestualizzazione (tutti conoscono Papini e Soffici?)e tentativi di attualizzare la vicenda presentata. Dal punto di vista pastorale, il film oscilla tra momenti di interesse (i due protagonisti, il rapporto letteratura/vita quotidiana, le convenzioni sociali dell'Italia primo Novecento) e altri meno risolti, risultando discutibile, con le scabrosità presenti in alcuni passaggi.
UTILIZZAZIONE: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria con l'attenzione di rivolgersi ad un pubblico adulto. E' da proporre, con opportuni supporti, in occasioni di studio e didattiche per le occasioni che offre di recuperare nomi e situazioni significativi della letteratura italiana del Novecento. Attenzione per i minori in caso di passaggi televisivi.