Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità

Valutazione
Complesso, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Arte, Famiglia, Storia
Genere
Biografico - Drammatico
Regia
Julian Schnabel
Durata
110'
Anno di uscita
2019
Nazionalità
Francia/Stati Uniti
Titolo Originale
At Eternity's Gate
Distribuzione
Lucky Red
Soggetto e Sceneggiatura
Jean-Claude Carrière, Julian Schnabel
Fotografia
Benoît Delhomme
Musiche
Tatiana Lisovkaia
Montaggio
Louise Kugelberg, Julian Schnabel

Prod.: Jon Kilik

Interpreti e ruoli

Willem Dafoe (Vincent van Gogh), Oscar Isaac (Paul Gauguin), Mads Mikkelsen (Sacerdoce), Rupert Friend (Theo van Gogh), Mathieu Almaric (Dottor Gachet), Emmanuelle Seinger (Madame Ginoux)

Soggetto

Il racconto degli ultimi anni di vita di Vincent van Gogh, tra momenti creativi, riflessioni sul senso dell’arte, della vita, nonché profonde crisi esistenziali. Una fusione tra pagine storiche, ipotetiche e di finzione, dove trova posto anche un parallelismo – in un dialogo tra van Gogh e un sacerdote – tra la figura di Gesù e quella dell’artista...

Valutazione Pastorale

Newyorkese classe 1951, Julian Schnabel è anzitutto un pittore, approdato poi con successo al cinema mantenendo sempre un approccio stilistico fortemente influenzato dal mondo della pittura. Dei suoi film si ricordano “Basquiat” (1996) e l’acclamato “Lo scafandro e la farfalla” (2007). Alla Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, edizione 75, ha portato un omaggio al pittore olandese Vincent van Gogh, affidando il ruolo del protagonista al poliedrico Willem Dafoe, premiato con la Coppa Volpi.
Affrontando un personaggio certo non inedito al cinema come van Gogh, uomo e artista, Schnabel non può far finta di dimenticarsi di essere lui stesso pittore e regista. Prova a tenere sotto controllo i due versanti, ma non sempre ci riesce; e dopo molte incertezze, indovina senza dubbio il ritratto del pittore olandese ma perde di vista il contatto con il film, che risulta fin troppo lineare e didascalico. Al di là però del racconto non troppo amalgamato, il regista riesce a conquistare per il modo in cui costruisce le inquadrature, pensate appunto come dipinti, che si caricano progressivamente delle tonalità cromatiche di van Gogh, in primis il giallo. Una regia spesso giocata in soggettiva, quasi a spingere lo spettatore a comprendere fino in fondo tormenti e slanci autentici di un artista. Bellissima e poetica l’inquadratura finale, di congedo, dove van Gogh è avvolto dalle sue creazioni. Dal punto di vista pastorale, l’opera è complessa, problematica e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è certamente utile per approfondimenti il rapporto cinema e pittura. Può essere utilizzato in programmazione ordinaria, tenendo conto degli elementi problematici del film.

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