La docuserie in cinque episodi è disponibile sulla piattaforma Netflix
Interpreti e ruoli
Vasco Rossi (Se stesso), Laura Schmidt (Se stessa), Gaetano Curreri (Se stesso), Luca Rossi Schmidt (Se stesso), Valentino Rossi (Se stesso), Luigi Ciotti (Se stesso)
Soggetto
La docuserie Netflix “Vasco Rossi. Il Supervissuto” è un intenso ritratto del rocker di Zocca che ha accettato di raccontarsi tra palco e vita privata con grande generosità e autenticità, esplorando anche le zone d’ombra del suo vissuto. Cinque episodi grintosi, coinvolgenti, che ripercorrono cronologicamente le tappe di una carriera, di una vita, fuori dal comune. Una docuserie che lascia il segno.
Valutazione Pastorale
Che meraviglia la docuserie “Vasco Rossi. Il Supervissuto”, tra i titoli di punta della nuova stagione di Netflix, una produzione Solaris Media e Except. Non si tratta di un semplice racconto biografico di un artista della scena musicale: la docuserie offre un ritratto profondo e dettagliato del rocker italiano, partito da Zocca e arrivato a riempire gli stadi con concerti evento – su tutti Modena Park del 2017, dove tocca il record internazionale di presenze con le oltre 220 mila partecipanti – in quarantacinque anni di carriera, iniziata alla fine degli anni ’70.
Vasco si racconta con onestà, senza filtri, tratto distintivo del suo carattere ma anche del suo stile musicale: si mette in dialogo con la macchina da presa, dunque con lo spettatore, in una conversazione fiume – la docuserie è stata realizzata in due anni, durante la pandemia – tesa a ripercorrere le origini, la comunità di amici di Zocca nel modenese, le ambizioni, i sodalizi musicali (tra i tanti, quello con Gaetano Curreri), il rapporto con la moglie Laura Schmidt – l’unico amore di Vasco, la sua “scelta rivoluzionaria” –, il legame d’amicizia e impegno sociale con don Luigi Ciotti.
Vasco si mette in dialogo su tutti i temi, anche i più scomodi: ripercorre il periodo di uso della droga e l’esperienza del carcere, la depressione, il pensiero della morte, la malattia virale che lo ha costretto a un lungo ricovero, fino al duro impatto con il Covid-19 e l’isolamento sociale. L’artista non si nega, in niente, apre il suo cassetto della memoria e lo scandaglia a fondo. E ancora, la bellezza della docuserie “Vasco Rossi. Il Supervissuto” risiede proprio in questo flusso di coscienza, di ricordi, che viaggia torrenziale e coinvolgente, capace di ricomprendere anche l’atto creativo di molti suoi brani divenuti poi cult. Il rocker svela come a ispirarlo sia sempre stata la realtà, la vita di tutti i giorni: dall’osservare una corriera dalla sua finestra di casa allo sguardo che si perde su una vallata, alla perdita di un amico caro. La vita, insomma, in tutta la sua forza, bellezza e tragicità. Questo è alla base della vis poetica di Vasco Rossi, che lo ha portato a scrivere canzoni sempreverdi come: “Albachiara”, “Bollicine”, “C’è chi dice no”, “Gli angeli”, “Sally”, “Siamo soli”, “Un senso”, “Eh… già”, “Una canzone d’amore buttata via”, sino all’inedito “Gli sbagli che fai”.
La docuserie, diretta da Pepsy Romanoff (Giuseppe Romano) e scritta dallo stesso regista insieme a Igor Artibani e Guglielmo Ariè, è un racconto che nelle cinque puntate mantiene un andamento compatto, cronologico, puntellato da una grafica fresca e da un montaggio equilibrato, sapiente, che mescola materiale di repertorio, immagini private e sequenze dell’intervista che Vasco Rossi ha rilasciato per il progetto. Entrano poi in campo, qua e là, anche i volti cari del mondo del rocker: dalla moglie Laura al figlio Luca, al sodale Gaetano Curreri; ancora don Luigi Ciotti, Valentino Rossi, gli amici di infanzia e i membri del team musicale del “Blasco”.
Al di là se si ami o meno lo stile e il repertorio del rocker modenese, la docuserie “Vasco Rossi. Il Supervissuto” risulta un racconto bellissimo, denso e arioso, che esplora la grandezza dell’artista, il suo fermento poetico-creativo, ma anche le tante fragilità dell’uomo. Un ritratto sfaccettato, dalla confezione forse un po’ “patinata” ma di certo dall’anima sincera, lontano dal banale. Una docuserie da vedere, e sì anche da canticchiare. Consigliabile, problematica, per dibattiti.