Sogg. e Scenegg.: Richard Beattie - Fotogr.: (normale/a colori) Rene Ohashi - -Mus.: Paul Zaza - Montagg.: Nick Rotundo, Stephen Lawrence - Dur.: 99' - Produz.: Peter Simpson
Interpreti e ruoli
Harvey Keitel (Gruber), Lori Hallier (Julie), Lolita David (Aoele), Michael Rudder (Free Long), Corcella Strube (Dolman), Durango Coy (Borden), Alan Fawcett (Gilcrist), James Kidnie (Kenneth Mc Gregor)
Soggetto
Gruber è proprietario (in Canada) di un motel e passa ore ed ore in una stanza-laboratorio, spiando, grazie a video-registratori e televisori, i propri clienti. Due pessimi soggetti lo pagano un giorno perchè controlli e riferisca circa le mosse di un tizio (tale Freelong), installatosi nella stanza 203 e in possesso, pare, di un grosso quantitativo di droga. Ma altri operano nell'ombra, poichè il bottino fa gola a molta gente. Freelong agisce in combutta con una donna spietata quanto lui e con due scagnozzi, destinati però ad essere traditi dal duo a impresa ultimata e fatti fuori. Tuttavia ciò che attira l'attenzione di Gruber, voyeur e spione per vocazione, è una certa Julie, una bella bionda implicata in oscure trame e che sembra destinata ad essere la vittima designata del mercoledì prossimo. Suo marito è Peters, un boss inabbordabile. Gruber la segue e la contatta, se ne innamora, lei lo ricambia, lui insiste per aiutarla e salvarla ad ogni costo, lei proclama di avere ignorato fino allora che il marito sia al centro del traffico della droga e intanto Gruber scopre nella stanza del 203 la valigia con il narcotico e se ne impadronisce. Freelong spedisce il suo complice abituale a far saltare in aria la villa di Peters, ma Julie si salva. Gruber propone alla donna di battersela verso lidi più propizi. Julie, che tutto aveva programmato per far fuori prima il marito onde ereditarne le sostanze e poi lo stesso Gruber, si trova invece intrappolata nel complicatissimo gioco. Gruber scende dall'auto, dove sono la donna (armata) e la droga, con il pretesto di andare a ritirare i biglietti dell'aereo e si salva mentre Peters (che grazie alle registrazioni è stato da lui avvertito della macchinazione a suo danno) sale inaspettato e beffardo in macchina con la perfida donna. E Gruber sente echeggiare la pistola dentro la lussuosa vettura.
Valutazione Pastorale
un giallo che non fosse complicato e un po' misterioso cadrebbe nel ridicolo. Ma non sta scritto da nessuna parte che le complicazioni si trasformino in un modo ingarbugliato e maniacale, di lettura astrusa e che porti all'emicrania. È per questo che il film manca sopratutto di chiarezza, è cerebrale al massimo ed ossessivo oltre ogni limite. Si va avanti con spossatezza, tra monitor-spia e apparecchi di registrazione. Gruber registra tutto, in una specie di voyeurismo incessante e ad un dato punto su commissione, con il che diventa complice di macchinazioni criminali. C'è però, a discapito della chiarezza e della tensione di un normale giallo, troppa tecnologia. Il film è arido e claustrofobico, anche se resta farraginoso. Il continuo rivedere le immagini della moglie suicida, che si dispera e ingurgita le pillole fatali finisce come era inevitabile: un penoso "amarcord" per il protagonista. Dopo tanti cadaveri, alla fine della losca vicenda Gruber si ritrova con ben poco in mano: nè la bionda seducente, nè i quattrini che una valigia di droga prometteva, ferma restando la sua soddistazione di aver sventato un delitto, programmato dalla perfida Julie Peters, salvando nel contempo la propria pelle. Eterno doppio gioco; killer finti-tonti, traffici incrociati, sentimenti falsi e una batteria di apparecchiature tecniche portano avanti un film faticoso e diaccio, con abbondanti crudezze. Il volto di Gruber è quello di Harvey Keitel: bravo attore, ma qui ingessato nelle sue manìe e munito di una barbetta caprina.