I film della settimana restando a casa, dal 25 al 31 maggio

lunedì 25 Maggio 2020
Un articolo di: Massimo Giraldi, Sergio Perugini

Sette titoli tra film e serie Tv a cura dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali – Commissione nazionale valutazione film CEI

L’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e la Commissione nazionale valutazione film della CEI proseguono con il ciclo di proposte al tempo nell’emergenza Coronavirus. Di seguito una selezione di film e serie Tv da recuperare in casa, attraverso le principali piattaforme.

“Bar Giuseppe” (RaiPlay)
Fa parte delle anteprime offerte da Rai Cinema sul portale RaiPlay. Parliamo di “Bar Giuseppe” scritto e diretto da Giulio Base, presentato in anteprima alla 14a Festa del Cinema di Roma, un film di taglio sociale, il racconto dell’Italia di oggi e delle sue periferie in affanno tra assenza del lavoro e difficoltà di integrazione, un racconto però che si apre al miracolo e alla speranza. “Bar Giuseppe”, infatti, si inserisce in quel filone cinematografico di taglio parabolico, con richiami religiosi. Sullo stesso sentiero percorso da Pupi Avati con “Le nozze di Laura” (2015), attualizzazione delle Nozze di Cana, Giulio Base ci parla dell’incontro tra Giuseppe e Maria, tra timori, pregiudizi e tenerezza. Nella piccola stazione di servizio dove si trova il bar del sessantenne Giuseppe (Ivano Marescotti), un crocevia di umanità ferita e dispersa, arriva come un’apparizione la ventenne Bikira (Virginia Diop), che conquista con la sua gentilezza la fiducia dei clienti e soprattutto vince le resistenze del cuore dell’uomo, liberandolo dall’isolamento e dal dolore. Un amore, il loro, con una considerevole differenza d’età, che agli occhi della comunità appare inspiegabile, ma che i due vivono con grande delicatezza e rispetto. Una favola sociale che si muove sui sentieri del Vangelo; un’opera interessante, valida, dai riflessi poetici, che ci aiuta a esplorare la complessità dell’oggi attraverso le coordinate della “storia delle storie”, quella della nascita di Gesù. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

“La pazza gioia” (RaiPlay)
Presentato nel 2016 nella sezione Quinzaine des Réalisateurs nell’ambito del Festival di Cannes, “La pazza gioia” di Paolo Virzì si è affermato come uno dei titoli più importanti nella stagione cinematografica 2016-2017, conquistando 5 David di Donatello e altrettanti Nastri d’Argento. Scritto dallo stesso Virzì con Francesca Archibugi, “La pazza gioia” è una commedia drammatica che ci racconta lo spumeggiante e malinconico viaggio on the road di due donne, Beatrice Morandini Valdirana (Valeria Bruni Tedeschi) e Donatella Morelli (Micaela Ramazzotti) che si conoscono in un centro di recupero per disturbi mentali. La prima è ciarliera, giocosa e pronta a snocciolare di continuo conoscenze altolocate, mentre la seconda è schiva, taciturna, rinchiusa in se stessa e nel suo evidente dolore. Due mondi così diversi che però si attraggono, che legano con semplicità, complice una fuga improvvisa dal centro di residenza. Un’amicizia sopra le righe che passerà dalle corde della leggiadria, dell’ebrezza, alle pieghe profonde dell’animo umano, lì dove si nascondono segreti e traumi del passato.
Virzì compone un’opera di notevole spessore narrativo che respira l’aria di una drammaturgia profonda e guarda alla follia come ostacolo arduo da superare eppure da accogliere e da aiutare. Mai da respingere. Un film intenso e coraggioso, supportato da due protagoniste di rara bravura. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

“Jojo Rabbit” (Apple TV)
Da poco disponibile sulle principali piattaforme per il noleggio, la commedia drammatica “Jojo Rabbit” (2020) di Taika Waititi è uno dei titoli forti della stagione in corso, vincitrice di un premio Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. Tratto dal romanzo di Christine Leunens, il racconto si snoda nella Berlino del 1945 e segue le vicende di Johannes (Roman Griffin Davis), bambino di dieci anni che vive con la mamma Rosie (Scarlett Johansson) e che ammira con fanatismo Adolf Hitler, con cui dialoga continuamente come se fosse il suo amico immaginario. Tutti lo prendono in giro con il soprannome Jojo Rabbit, perché non è coraggioso né ama far del male al prossimo. Un giorno Jojo scopre che in casa la madre nasconde una ragazza ebrea, Elsa (Thomasin McKenzie), salvata dalla deportazione: è l’inizio di un serrato confronto e dialogo, mentre il mondo fuori combatte l’ultima battaglia.
Il piccolo Jojo Rabbit rappresenta l’ingenuità di un’umanità soggiogata dall’idea della supremazia della razza, dal mito nazi-fascista. Jojo ha solo dieci anni ed è imbevuto di proclami; grazie però all’amore della madre Rosie e all’incontro con la giovane Elsa riesce a mutare il suo sguardo, a rompere l’incanto del male. È la tenerezza a rieducare il cuore di Jojo liberandolo dai legacci di idee vuote e malate. Un cambiamento che il regista rimarca prima con toni umoristici e sarcastici, poi con note drammatiche, senza filtri, con cui squaderna la dura realtà; le risate iniziali piano piano muoiono in gola e lasciano il posto alla commozione e a evidenti guadagni educativi. Sulla scia di classici come “La vita è bella” (1997) di Roberto Benigni o “Train de vie” (1998) di Radu Mihăileanu, “Jojo Rabbit” dal punto di vista pastorale è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

“Unorthodox” (Netflix)
“Unorthodox” è una miniserie tedesca in quattro puntate firmata da Maria Schrader e targata Netflix, che racconta la storia vera di Deborah Feldman prendendo le mosse dal suo romanzo “Unorthodox: The Scandalous Rejection of My Hasidic Roots”. La storia: Esty (Shira Haas) ha appena 19 anni e vive nella comunità ultra-ortodossa chassidica di Williamsburg, nella zona di Brooklyn. Si è formata con l’idea di diventare una brava moglie, rinunciando a tutto, studi e musica compresi; appena sposata con il giovane Yanky (Amit Rahav) capisce però che questo non le basta. Assalita da troppe pressioni, organizza una fuga in Europa, a Berlino, sulle tracce della madre.
Non entrando nel merito di una riflessione religiosa, quello che è interessante rilevare nella miniserie “Unorthodox” è il taglio sociale del racconto: il ritratto di una giovane donna e della sua corsa disperata verso la libertà; quello di Esty è un cammino dal buio alla luce, dalla sottomissione al controllo di sé. Esty non giudica suo marito, né la sua famiglia né la comunità, e non rinnega in alcun modo la sua fede; semplicemente desidera una vita altra, piena, accesa da sogni e opportunità. Un racconto realistico, asciutto, governato con grande controllo e compostezza; l’attrice israeliana Shira Haas mette in campo una gamma di sfumature ed emozioni sbalorditive, interpretando il personaggio di Esty con grande trasporto e incisività. Adatto a un pubblico adulto, “Unorthodox” sorprende tra struggimento e poesia.

“This is Us” (Amazon Prime)
È di maggio la notizia di un remake italiano firmato Rai e Cattleya. Stiamo parlando della serie statunitense Nbc-Fox “This Is Us”, family drama disponibile sulla piattaforma Prime Video. Scritta da Dan Fogelman, “This Is Us” (4 stagioni all’attivo) ruota attorno alla famiglia Pearson, raccontata dagli anni ’80 ai nostri giorni: Jack (Milo Ventimiglia) e Rebecca (Mandy Moore) nel 1980 stanno mettendo su casa in attesa del primo figlio, ma in verità si tratta di un parto gemellare; per una serie di vicissitudini la coppia si trova poi ad accogliere un terzo bambino, Randall, neonato di colore abbandonato in ospedale in concomitanza del parto di Rebecca. Il flusso narrativo non si mantiene lineare, così nel corso di ogni episodio si susseguono salti temporali, mostrandoci i Pearson nel corso di tre quasi quattro decenni, la vita adulta dei tre fratelli Randall (Sterling K. Brown), Kate (Chrissy Metz) e Kevin (Justin Hartley).
“This is Us” è un racconto sulle dinamiche familiari (relazioni moglie-marito, genitori-figli nonché tra fratelli) che tiene conto delle difficoltà e insidie della società contemporanea, esplorando tutti i suoi fronti problematici e regalando comunque un ritorno di senso. Quello che la serie ci mostra è che alla fine, nonostante tutto, vale sempre la pena scommettere sulla famiglia: è il centro del nostro vivere, l’ambiente che ci accoglie, in cui ci formiamo e per cui ci mettiamo continuamente in gioco. “This is Us” è una serie bene scritta e interpretata, che si muove su un calibrato mix di poesia e garbato umorismo. Coinvolgente.

“La guerra dei mondi” (NowTv-Sky)
Non è sicuramente sfuggita agli amanti della fantascienza, sul canale La Effe come pure sulla piattaforma di Sky NowTv, la miniserie della BBC “La guerra dei mondi” (“The War of the Worlds”, 2019) firmata da Craig Viveiros e ispirata al classico della letteratura britannica di H.G. Wells. Composta da tre episodi, la miniserie “La guerra dei mondi” è ambientata nell’Inghilterra di inizio ‘900, sotto la corona di Edoardo VII, e racconta degli scienziati Ogilvy (Robert Carlyle) e Amy (Eleanor Tomlinson) nonché del giornalista George (Rafe Spall). Le loro vite incedono tra ambizioni e affanni, nel lavoro e nella sfera sentimentali; le loro esistenze vengono però sconvolte dall’arrivo di un asteroide, che precipita nei pressi delle loro abitazioni. Una palla fumante cui la comunità scientifica e giornalistica guarda con curiosità ed evidente interesse; l’oggetto non è purtroppo inanimato e ben presto manifesta le sue vere sembianze, generando sofferenze per la comunità umana.
Cinema e televisione – ma non solo, ricordando anche il celebre caso radiofonico con Orson Welles – hanno mostrato sempre grande interesse per la fantascienza e l’opera di H.G. Wells è uno dei titoli più trasposti; tra le versioni recenti si ricorda il film di Steven Spielberg del 2005 con Tom Cruise. La versione 2019 della BBC possiede notevole fascino e cura formale (tratti tipici del cinema e della serialità britannica), oltre che un riuscito utilizzo di effetti speciali. Un miniserie che si inserisce in un binario narrativo originale, rispettando comunque il respiro del romanzo.

“Una ragazza, un maggiordomo e una lady” (Disney+)
Lo abbiamo detto più volte, sulla piattaforma Disney+ non si trovano solo i cartoon targati Disney-Pixar, gli action della Marvel oppure i film della saga “Star Wars”; è presente anche un nutrito filone di film educational per bambini e ragazzi. Scorrendo, infatti, la library si può recuperare con piacere la commedia “Una ragazza, un maggiordomo e una lady” (“Candleshoe”), opera del 1977 diretta da Norman Tokar – autore noto anche per “Quattro bassotti per un danese” (1966) – e interpretata da una giovanissima Jodie Foster insieme a David Niven e Helen Hayes.
Tratto dal romanzo “Christmas at Candleshoe” di Michael Innes (vero nome J.I.M. Stewart), il film propone la storia di una ragazza americana, Casey (Jodie Foster), che rimasta orfana si spaccia per sbarcare il lunario per la nipote scomparsa di una ricca signora inglese, Lady St. Edmund (Helen Hayes); Casey si fa accettare in casa, nella residenza di Candleshoe, dove sospetta che ci sia un tesoro nascosto. Il suo piano inizia però a vacillare quando si affeziona all’anziana donna, così come al maggiordomo tuttofare Priory (David Niven) e alla comunità di ragazzi senza famiglia cui la Lady dà accoglienza.
“Una ragazza, un maggiordomo e una lady” è un racconto in puro stile Disney, capace di unire umorismo gentile, narrazione avvincente e buoni sentimenti; le suggestioni educative non sono poche, rimarcando il valore della famiglia, dell’amicizia, dell’accoglienza e dell’onesta. Una bella proposta da (ri)scoprire in famiglia.

Articolo disponibile sul sito “Chi ci separerà” della Conferenza Episcopale Italiana


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Bar Giuseppe

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