Alla Mostra di Venezia, il film ebbe un’accoglienza alquanto fredda, seguirono poi recensioni più attente, che tuttavia non riuscirono a far decollare la pellicola nel consenso dl pubblico.  A distanza di 63 annii, questa  “serie di bozzetti” (Rondolino) manitiene il fascino del naif, il gesto della provocazione ‘ribelle’, i limiti di una spiritualità poco sofferta.  Scrive ancora Rondolino che è “continuamente in bilico tra  la contemplazione e la narrazione, con straordinari sprazzi di autentica poesia e mediocri inserti di facile bozzettismo. Ma. al di là di questi scompensi, il film ripercorre su una traccia lineare il cammino dell’uomo alla ricerca di se stesso.(…)”. ‘Lineare’ è forse l’aggettivo che meglio definisce oggi la sostanza dell’esperimento rosselliniano, uno dei molti messi in atto dal regista in quel periodo 1947/1954 (dalla conclusione della trilogia sulla guerra ai film della ‘crisi’ fino a “Viaggio in Italia”).  Dopo la visione, la Commissione di Revisione del Centro Cattolico Cinematografico (così si chiamava l’attuale CNVF) si espresse in questi termini:  “Mediante lo stile semplice e dimesso e valendosi d’una fotografia e di commnenti musicali adatti, il regista è riuscito a creare l’atmosfera veramente francescana, in cui si svolgono alcune sequenze, nella loro ingenuità, belle ed efficaci “. Aggiungendo poi: “Per il soggetto e per il modo in cui è trattato, il lavoro riesce edificante: la visione è ammessa per tutti anche nelle sale parrocchiali”. Merita sottolineare come da subito la Commissione, scegliendo il termine ‘edificante’, volesse richiamare l’attenzione su una certa ‘leggerezza’ complessiva dell’operazione, senza naturalmente sminuirne l’importanza in un contesto nazionale attraversato dalle incertezze del dopoguerra e all’interno di un cinema italiano che, sul finire della spinta neorealista, stava decretando il nuovo predominio della commedia comica popolare. ( Cfr. Segnalazioni Cinematografiche, volume XXVIII – 1950, Pag.137).

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